Il posto delle fragole

Visione VI:
Eccoci al
post della nostra 6a serata, che ha previsto, anche se post-posto sino ad oggi, "Il posto delle fragole", film nato nel 1957 (Ingmar Bergman nel '18).
Quindi? Non vi sorprende che un regista di 39 anni senta già il bisogno di guardarsi indietro, di elencare rimorsi e rimpianti? I più e i meno, i dati e gli avuti? Mi viene da pensare ad una (probabilmente più) chiacchierata tra il regista ed il (un) suo maestro, protagonista di questo film. Il regista svedese qualche riflessione con Viktor Sjostrom (il professore Isak Borg) deve averla fatta. Premesso che tutti e due nel teatro hanno navigato abbondantemente (e si vede), l'inquietudine nei confronti del tempo, l'ansia di morte è scritta in stampatello negli occhi del protagonista.
Pensiamo alla scena della preparazione della valigia da parte della governante del professore Borg: l'attore svedese si muove e si esprime con canoni teatrali, a cui Die Hard e L'Uomo Ragno sono irriconducibili.
Quindi tanta accademia in questo film, è vero. E anche, come detto ieri sera, contenuti abbastanza diffusi e assorbiti (non banali!). Qui, ragazzi, c'è la katarsi di 4000 anni fa, c'è l'oraziano carpediem con la barba lunga di 2000 anni, ed il contrappasso che già Dante indossò facendo la figura dell'old-Style (sì, ok, ma con quale stile!).
Ma va bene: noi non siamo contro chi ci dice in maniera egregia, maestosa, BELLA, cose che abbiamo già nostre, nevvero?
Perchè ne Il Posto delle Fragole, Bergman le cose ce le dice senza sbavature, senza melensaggini, BENE.
Riflessione: abbiamo presente quanto sia difficile dire ciò che ha detto Bergman senza incappare nei due termini qui sopra? Proviamo a fare un corto di 3 minuti e vediamo che ne esce? ve lo dico io: una schifezza. Una sorta di mia recensione diciamo.
E che non sia un bacchettone, e che sappia percorrere le sfumature di ciascuna età, non v'è dubbio; mi riferisco alla facilità con cui ci descrive i meccanismi del prof. come quelli che scaturiscono dal rapporto instabile per costruzione tra la moglie ed il marito su cui si vanno a schiantare durante il viaggio (!), come ancora dal rapporto che può definirsi malsano tra i tre giovani raccolti sulla strada.
Mica male l'imbarazzo che riesce a ricreare nello spettatore mettendo gomito a gomito il prof. ed una ragazzina (con il volto del suo amore adolescenziale!) che vaga con due ragazzi e da cui asserisce di essere attratta (da entrambi! ed uno è una sorta di guardiano affibbiatole dal padre!).
Accostando giovane e vecchio; intese ANCHE come formae mentis (chè un esercizio tanto complicato quanto affascinante, a mio avviso).
La durezza del volto del figlio è il frutto di quella impartitagli dal padre (quindi il vecchio che sbava sul giovane, ha-è un'eco su di esso, un'inerzia).
Ma la nuora del figlio sul finale pone la gamba sul letto del vecchio per avere un parere sul nuovo paio di scarpe. Il giovane, il nuovo che scalfisce la stagionatura dell'animo. O almeno ci prova.
La vita avrebbe dovuta viverla così, percorrendola a seconda degli asfalti, in maniera più o meno morbida...
Non è incoerenza quella del pilota che adatta la propria guida, ma è capacità di vivere sempre al massimo.
Ma ormai, forse, è troppo tardi per il Dr. Isak...se in effetti non può altro che guardare un angolino incantato in cui, tutto sommato, la tirannica madre ed il padre (severissimo, se c'è qualcosa di biografico!), pur senza avvicinarsi oltre il metro, sorridono al figlio che li osserva.

E se, libri socchiusi un secondo, avesse portato una fragola alla mamma? O meglio ancora, avesse infilato la lingua in bocca a Sara?

Avrebbe ricevuto ugualmente il riconoscimento ad honorem, ma avrebbe anche un nipote...

Karin's face, cortometraggio dell'87, mostra quanto il regista fosse maestro nel rappresentare e nel ricordare (rimpiangere?).
La protagonista è la madre, la cui vita è ripercorsa sulle sue foto dalla cinepresa. Quello impettito è il padre, un religioso che più non si può...uno, tanto per intenderci, che se avesse sentito il dialogo tra i due ragazzi (nel piacevole pranzo assieme al prof ed alla biondina) sarebbe morto stecchito. Riuscendo, nella caduta, a fare una telefonata alla Gestapo...
(Depa)

7 commenti:

  1. Per completezza, riporto i commenti che sino alla 8a edizione del CInerofum ci scambiammo via eMail:

    Tigre wrote: "Salve cari appassionati cinefili.
    Il nostro direttore artistico questa mattina non si sente al massimo della condizione fisica, quindi, solo per questo, mi permetto di dare il là al consueto Editoriale ormai diventato un immancabile appuntamento.

    Il film proiettato ieri nella fantastica Sala Uander (Il posto delle Fragole) è un capolavoro assoluto. E' molto più facile fare l'editoriale di un capolavoro che di un film un pò così..... fate voi l'editoriale di "Attenzione alla puttana santa" di Fassbinder.... very hard. Scusate l'evasione.

    Il posto delle fragole offre svariatissimi spunti di riflessione. Forse la causa vera del malessere dell'uomo è proprio quello di non preoccuparsi più della morte, o meglio, di non pensarci. In una società in cui conta solamente l'apparire, sembra quasi che la morte voglia essere nascosta, e non inserita quindi nel ciclo naturale della vita. Ci accorgiamo di essere vivi proprio grazie alla morte. Ecco, "Il posto delle fragole", uno dei capolavori della storia del cinema, può essere proprio considerato una riflessione sul ciclo della vita, che si conclude con la morte.

    Ad maiorem

    P.S.: Depa perfavore potresi inserire lo storico... se puoi? (citazione di Non ci resta che piangere: Potresti lasciar libero Vitellozzo... se puoi?)"

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  2. Elena wrote: "Grazie Tigre per aver aperto le danze :)
    concordo sul fatto che sia un capolavoro...e poichè hai già trattato l'argomento principale del film, vorrei spendere due parole sui personaggi:

    mi sono piaciuti particolarmente i tre ragazzi e quello che rappresentavano...il fatto di averli lì, sul sedile posteriore, uno affianco all'altro,
    tutti e tre a rapprensetare qualcosa: Dio, (ragazzo1) scienza (ragazzo2) e passione (ragazzina giovane, piena di vita e gioiosa...un po' pazzerella)
    bello il litigio tra i due ragazzi che sono anche due simboli forti e ovviament discordanti, interessante l'indecisione di lei su chi sia migliore...Grande idea!

    fantastica la governante badante...nel finale mi ha colpito la sua recitazione....
    spiazzante anche l'amore tra il figlio e la nuora...sembravano detestarsi invece....

    se mi torna in mente altro vi aggiorno!! :)"

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  3. Albert D'Aporti wrote: "Eh..dopo tutti questi commenti esaurienti sarà difficile dire qualcosa di originale, ma comunque ci proverò.

    Il posto delle fragole è un capolovoro assoluto del '900 in cui il regista ci restituisce qualcosa che in ogni momento è dentro di noi, che ci accompagna giorno dopo giorno nel nostro intricato cammino. La rappresentazione della storia del Dr Isac che si srotola portandoci a contatto con la morte, l'amore, i rapporti familiari, amicali e conflitti interiori è un involucro da cui si possono trarre innumerovoli letture. Bergman racconta cose che tutti conosciamo, ma facendole vedere sotto una luce diversa, tagliata, sotteranea, proveniente dall'inconscio/subconscio collettivo. Questo è il compito di un grande artista e questo è quello che Bergman ci regala con la sua pellicola. La contrapposizione tra vita e morte forse ne Il posto delle fragole, è solo di secondo piano dal punto di vista del messaggio che il regista vuole fare arrivare. Questa forte contrapposizione probabilmente verrà approfondita in maniera esaustiva, per il regista, ne Il settimo sigillo (anche se non l'ho visto). Qui, invece, il dualismo esistenza/non esistenza, secondo me viene usato solo come strumento narrativo che ci serve per entrare in uno stato di tensione, di sensibilità, adatti per cogliere le sfumature deliziose che Bergman ci presenterà nello svolgersi della storia. Usa questo strumento per smuovere l'inconscio collettivo. Legando strettamente questo cooncetto con il sogno, l'immaginazione, la fantasia del protagonista e la sua capacità di "perdere il tempo", per ritrovare quello perduto, ecco che fa entrare in scena anche il subconscio. Il tutto per sfumare impressioni, opinioni, inquadrature, protagonista. Si perchè l'importante non è il protagonista ma ciò che i sentimenti del protagonista rappresentano. E' la storia di un uomo che raggiunto il culmine del successo, a un passo dalla "beatificazione" professionale e personale (secondo i suoi canoni), si ritrova destabilizzato dal suo lato irrazionale...i sogni, le paure, i rimorsi. Da un incubo, infatti, tutto ha inizio e la storia procede toccando vari aspetti della vita, sottolineando, come la solitudine non ci potrà mai abbandonare se non riusciamo a condividere le nostre esperienze e non impariamo ad ascoltare le persone che abbiamo attorno. Ad esempio, l'ingegnere e sua moglie sono una parodia, caricatura, iperbole satirica della incomunicabilità. Non solo rimpianti e malinconie in realtà. Il rapporto Isac e sua nuora parte male e si concude, come ha notato il Direttore, con lei che appoggia la scarpa per chiedere un parere estetico al protagonista. Per essere coerente con la mia lettura del film devo differire da "il giovane, il nuovo che scalfisce l'anima del vecchio". Forse dirò la stessa cosa ma in maniera diversa.
    Alla fine del viaggio, la speranza che il regista ci propone è proprio rappresentata dal gesto della nuora al capezzale del professore. Ma non è questa la speranza, questa è solo la simbologia che lui usa. Per me la speranza in un futuro migliore, la speranza che il viaggio del protagonista sia servita per capire gli errori del passato, la speranza di ricucire lo strappo fra vita e rimpianti, rimorsi, sta nel figlio che la nuora attende. Lei, alla fine, torna dal figlio del professore e entrambi, nonostante i mille problemi del passato, iniziano tutto da capo, come se fossero vergini da litigi, discussioni ed incomprensioni. Tutto, per riportare luce alla fine di un viaggio con sfumature di angoscia e solitudine.

    un pò di supercazzola anche da Albert D'aporti...

    aspettando APix..
    ciap"

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  4. Apix wrote: "L'avevo visto e l'avrei rivisto con piacere perchè anch'io l'avevo trovato di
    uno spessore universale eppure, o forse, appunto per quello, con uno stile
    asciutto, pulito...
    e proprio per una presunzione di sensibilità, mi dico che dopo lo splendido
    e denso commento di Albert(o) che già lamentava fosse difficile trovare spunti
    originali, forse sia il caso di non aggiungere altro se non si sia certi si abbia
    altro da dire...
    Concludo, semplicemente:
    "GRANDI e alla prossima!"
    Apix"

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  5. Universale Bergman.
    I furiosi son sempre esistiti (i tizi che si sono fatti raccogliere in autostop e quelli che si tuffano in acqua!).
    Fellini ha il suo tratto eterno, ma qui lo scrivo: senza questo non ci sarebbe stato "8 1/2". E giuro che intendo ANCHE dire che è giusto dare a Fellini ciò che è di Bergman.

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  6. Impossibile aggiungere qualcosa che non sia stato già scritto.
    Ringrazio solo il Cinerofum e il suo "direttore artistico" (come veniva chiamato allora) per avermi fatto conoscere veramente il cinema in quanto (settima) arte, soprattutto attraverso opere come questa.
    E ancora ce n'è........

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  7. Curiosità casualmente sgamata:
    Ci sono un sacco di (assolutamente involontarie) analogie tra il brano musicale "Stawberry fields forever" (1967) di John Lennon e la pellicola "Il posto delle fragole" di Ingmar Bergman (1957), oltre al nome...

    ascoltare, analizzare e riflettere per credere...

    http://www.youtube.com/watch?v=J3jrWVp2L7U

    L'arte è proprio una roba strana...

    Scusate lo svarione! :)

    Cia

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