Extra: Il volto

Ciao ragazzi, era da un po’ che questo Il volto” mi  guardava…allora ho deciso di contraccambiare. Film di un’ora e mezza in cui Ingmar Bergman ci vuol raccontare, fedele al suo stile, con una storiella di girovaghi (uhm…mi ricorda...), l’eterna lotta tra razionale ed irrazionale, tra finzione e realtà, tra scienza e…metodi alternativi (magia, magnetismo, animismo, mesmerismo, fate vobis), tra uomo e divino. Tutti temi già presenti nel ben più celebre sigillo num 7...
...ma qui conditi con alcuni ingredienti diversi. In breve, la storia parla di un gruppo di artisti di strada che si cimenta in numeri di prestigio, tipo spostare gli oggetti, levitazioni varie, immobilizzazione con catene invisibili; com’è come non è, mi sa che i quattro (più il conducente della carrozza, cinque) si sono fatti prendere la mano in passato e hanno fatto i Wanna Marchi dell’epoca, promettendo guarigioni illusorie e lasciando, forse, qualche vittima sul campo.  Tant’è che sono ricercati dalla polizia che li trova nella capitale (Copenhagen?) e li ferma non per arrestarli, bensì perché uno scienziato vuole dimostrare l’infondatezza delle loro pratiche. Senza andare oltre, vi dico che lo scienziato ce la farà, ma scoprirà anche dell’altro. Per esempio: oltre la razionalità della scienza esistono l’emozione (paura, spavento, ansia…quand’anche inspiegabili), il sentimento (ci sono donne che non si cederanno a lui in quanto “potente” ed altre che la danno a prescindere) e soprattutto l’arte. Arte in contrapposizione con scienza ed istituzioni. In questo film ho intravisto un Bergman non scettico verso i saltimbanco ma, anzi, pronto a testimoniare che alla specie umana è necessaria quella digressione dell’anima che è rappresentata dall’arte (prestigiatoria o recitatoria che sia). E’ lì che sbagliano lo scienziato ed il poliziotto, dopo tutto più che qualche soldo non chiedevano, ma in cambio offrivano voli di fantasia, incontri amorosi (ok, i sieri dell’amore non esistono, ma i due si sono rintanati: è il risultato che conta!) e consolazioni (la madre vede nel “mago” la possibilità di capire le cause della morte della figlia).
Tant’è che Bergman non condanna nessuno e ci lascia con un “Vissero tutti felici e contenti” al completo: il furbo del gruppo s’accasa con la bella casalingona (qui la terra vince contro il cielo), la ragazza audace parte col cocchiere, e i due artisti di strada si ritrovano ad esibirsi alla corte del re (lo scienziato è soddisfatto ma tant’è s’è l’è fatta addosso, quindi è inutile che faccia “quello che…”, l’abbiamo visto tutti!!!).
Ci vuole ragione ed altro, decidete voi.
Simbolismo caleidoscopico. Da vedere e da ragionarci.
(depa)

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