Extra: La dolce vita

"Preceduto da un gran rumore di scandalo, da echi di polemiche, proteste, patemi ed osànna,  era giunto in paese un film sensazionale. Il parroco di San Firmino aveva scagliato i suoi fulmini contro i figli sentenzioso, ed ammonito il fedeli a boicottarlo, ma con scarso risultato. - Ci sono orge degne di Tiberio, si scambiamo le mogli, streeptease…. Amuninne picciotti. - Non si  era mai visto niente di simile. Anche le sedie del bar centrale stipate dentro la sale risultavano insufficienti a far fronte all’afflusso del pubblico. Erano arrivati anche dalle campagne, percorrendo decine di chilometri a dorso di cavallo  e creando problemi di promiscuità per i galantuomini da Agramonte, finché don Ciccio Matera aveva preso le redini dell’organizzazione con indubbia efficacia, debbo dire."
È il tributo che Pietro Germi fa a La dolce vita, quattro anni dopo la sua uscita, attraverso la voce di Marcello Mastroianni in Divorzio all’italiana.
La dolce vita. Infinito.
(Ossy)

3 commenti:

  1. Pietra miliare del cinema che mancava all’appello della sala Ninna, “La dolce vita”, quando uscì nel 1960, creò un “putiferio” in Italia. Chi lo definì immorale, chi lo condannò come tendenzioso, chi ne applaudì la giusta denuncia, ma i più intelligenti si dimostrarono i francesi che, premiandolo con la Palma d’oro al 13’ festival di Cannes, lo inquadrarono e analizzarono “solo” per quello che era e che è: un’opera d’arte.
    E’ sicuramente uno dei film più famosi di Fellini ed è conosciuto in tutto il mondo soprattutto per la “scena della fontana” e, per me, è stato un piacere scoprire che quella scena è solo una magica e attraente pennellata di una grandissima opera che indaga la “dolce vita”, di una splendida Roma di fine anni ‘50, nei suoi lati più oscuri, nelle sue contraddizioni e, anche, nella sua poesia.
    E’ un Marcello Mastroianni “da Oscar” a condurre nei meandri più nascosti della vita notturna della capitale “vip”, e della sua mente che è sempre più succube di essa.
    L’incontro con la splendida Sylvia (Anita Ekberg) da il (sostanziale) via alla sua favolosa e viva perdizione ed effettivamente, alla lunga, non saprei dire chi sia il pazzo tra lui e la sua fidanzata Emma… In compenso, si capisce quello che il regista vuole mostrare con un simbolismo decisamente esplicito, ovvero che Marcello annaspa, si ridesta, ma poi si perde definitivamente e nonostante ciò, avrebbe la possibilità di uscirne, ma la vede, non la sente e non la coglie (per mano), forse perché non vuole, o forse perché non è più in grado.
    Un film emozionante perché pieno di avvenimenti molto diversi tra loro e tutti perfettamente atti a indagare Marcello, un uomo che spera di trovare ogni notte una forte e nuova emozione che lo faccia sentire vivo, ma che nello stesso tempo si scopre malinconico per non aver mai realmente conosciuto il padre ed è un maestro Fellini nel proporre scenografie, riprese e musiche così diverse tra loro, atte a proporre e trasmettere le diverse emozioni in questione, senza che una nota dello spartito risulti anche solo vagamente stonata.
    Un film intrigante e sensuale perché lo sono, oltre Marcello, anche tutti gli altri protagonisti (e le protagoniste!) e le loro azioni, ma, in particolar modo, sarà fondamentale nel suo percorso di perdizione, la tragica fine del suo amico Steiner, che raccoglieva in se tutte le sue aspirazioni e rappresenterà per il protagonista la morte di tutti gli ideali in cui egli credeva.
    Splendide scenografie che vanno a “riempire” magistralmente superbi piani sequenza, dissolvenze meravigliose e, come detto, in alcuni frangenti, la cinepresa sembra muoversi e catturare le immagini in un modo piuttosto che in un altro, a seconda del sentimento proposto in quel momento, per dargli più forza. Attori sublimi.
    Philip French scrisse su “The Observer” che “al giorno d'oggi il film ormai ha perso la sua capacità di scioccare, ma non quella di affascinare, stimolare e provocare, e rimane un'opera di grande impatto morale e visivo”. Non avrei potuto definirlo meglio, se non con una sola parola: capolavoro.

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  2. Vorrei aggiungere...
    Degna di nota anche la figura affascinante e quasi surreale della bella e ricca Maddalena (Anouk Aimée) che, secondo me, rappresenta simbolicamente per Marcello proprio la "dolce vita", che lo rapisce, lo manovra, lo seduce, da cui si sente amato, che ama e di cui ha bisogno, ma che, proprio nel suo momento di massima e sincera apertura ad essa/lei, lo tradisce e scompare, dimostrandosi superficiale e inaffidabile.
    E Fanny (Magali Noël, più nota come Gradisca), anche lei un personaggio intrigante per la sua spontaneità e voglia di vivere che cela (neanche troppo) una sensibilità decisamente spiccata, che viene fuori quando si rapporta col padre di Marcello e nel momento in cui lui si sente male, e che contrasta con la sfarzosa superficialità del mondo della "dolce vita", in cui vive.
    E poi quel clown proposto dal regista proprio nel momento di malinconia del film (il rapporto col padre di cui accennavo nel commento di sopra), che va a simboleggiarla perfettamente e alla grande, esteticamente perlando.
    Ciao, miao e bau! :)

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  3. Più che per i sette anni che Elena ed io abbiamo impiegato per parlare con Taigher e con Bubu, la lacuna madornale è quella dei due mezzi cammin di nostra vita trascorsi senza "La dolce vita". Tardi e mai, lo sapete in che relazione stanno e, sta sotto gli occhi del blog, non s'è perso tempo.
    La pittoresca cronaca di Germi, riportata da "Ossy", poi le abili parole del Bubazza (quanti ricordi la sala Ninna...), mi assolvono da aggiungere altro se non considerazioni sparse, come doveroso dopo una pellicola che è una scorribanda, tra notte e luce ("E' la prima volta che vedo l'alba!"), nello sfavillante vuoto, nella caciara euforica e stanca di pupazzi (e al seguito paparazzi). "Facciamo un giro o restiamo?". La noia dilaga e chi non ha bevuto rischia grosso. Ekberg magnetica, chissà perché!, "W la svezia!", ore ore a guardarla per contenerla tutta (tanta); a rincorrerla quasi gira la testa (non son le alienanti scale su per San Pietro!). Tutti travolti da questa Giunone del Nord, pure il Molleggiato, tsz ventidueenne figurarsi!, non può resistere (mentre "Giulio Cesare è ubriaco"). Roma città santa maledetta, dei miracoli truffa, tra gli intellettualismi borghesi, i suoni della natura e innocenti bambini. Il "Cha cha" è il locale più bello con le ballerine più belle de' Roma (coscelunghe). E l'andamento della pellicola è perfetto e la distanza tra Marcello e il pubblico esatta. Si potrebbe guardare questo film infinite volte.

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