Sciuscià

Visione XX
Auguri Cinerofum! La sala Uander è in subbuglio, si stappano le bottiglie (una da 18 mila lire!), la torta salata della Matilde di Monzambano, bignè alla crema della pasticceria di sotto!...e per festeggiare il 20° incontro ufficiale, un maestro della regia: Vittorio De Sica, con "Sciuscià", 1946.A poche settimane da "Accattone" e "Roma città aperta", ecco un'altra medaglia al petto per il cinema italiano. Neorealismo che sfonda le frontiere nazionali.

E sullo schermo ancora bambini, con le loro speranze, i loro sogni e via, via, le loro disillusioni. I punti in comune con le centinaia di colpi" di Truffaut non sono pochi: nella tematica (infanzia-adolescenza, fasi della vita in cui lo scudo è ancora di marzapane) e nella modalità di narrazione (sguardo sul mondo di ragazzini che non navigano nell'oro  e che finiranno in un collegio/carcere minorile). Che i grandi registi vedano nell'espressività dei bambini una verità non ancora contaminata? O che sia un loro vezzo per dimostrare che sanno tirar fuori, da attori non ancora well-formed, prestazioni degne di un De Niro cinquantenne? Forse più la prima; probabile che ciascuno sia mosso da motivazioni differenti (si potrebbe approfondire).
Ma ora parliamo del risultato finale: Pasquale e Giuseppe recitano con una maturità disarmante, con pieno controllo di ogni loro linea del viso; sembra che non fingano! I mutamenti caratteriali che investono Giuseppe in carcere sono quelli con cui facciamo fronte ogni giorno, che si parli con un amico o...con sé stessi. Pasquale ha l'orgoglio e la dignità (in tempi in cui i più decidono di nasconderli nel materasso) di un adulto che ha già fatto i conti più e più volte, di chi le somme le ha tirate già da mo'... Eccezionali.
De Sica dobbiamo mangiarcelo a colazione. Da pucciare nel latte l'inquadratura nell'atrio del carcere minorile (una quadretto a china, giochi di luce da togliere il fiato e piccole formichine che si muovono frenetiche), come dolcetto prima di alzarsi da tavola la scena finale sul ponte (immagine sacra, viene voglia di farsi cristiano).
In sala, a parte le difficoltà iniziali nel comprendere il "romanaccio" stretto, le bocche restano aperte; appena si coglie una breve pausa tra gli eventi ci si volta per vedere se anche il vicino di divano ha problemi mandibolari.
Qui Roma non è quella degli spazi aperti di Accattone: si vaga tra vie che sono alte fin dove arriva la gamba di quell'americano, poi persino dietro le sbarre...l'unico attimo in cui si può "volare" è quando si va in giro su un bel cavallo bianco.
Ma come in Accattone e Roma città aperta, l'ampiezza delle nostre possibilità, del nostro respiro non è determinata da confini materiali, fisici, bensì da catene socio-politiche, siano esse guerra o povertà (che poi sono ingredienti della stessa polpetta, pasticcio di causa-effetto indistinguibili).
Non ricordo nemmeno tutti i particolari da riportare qui; tra l'altro, unendoli, si giungerebbe a 93 minuti...
Con quest'altra colonna, sempre più restaurato il nostro Partenone cinematografico.
Sbilenco chi non l'ha visto!!
(depa)

2 commenti:

  1. Che situazione... che coinvolgimento!!!!
    Contro ogni mia personale previsione, ormai da un bel po di settimane, stiamo mantenendo un elevatissimo livello.
    Quelli buoni non finiscono mai.
    Il cinerofum dilaga sempre più. Ormai spazia estero su estero. Ma che film... ma che film vi faccio vedere....?!?!?!?
    W De Sica.

    P.S.
    Vittorio ovviamente.

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  2. Purtroppo sono mancato a questo appuntamento imperdibile..roba di patente, come sapete. Ma ora sono di nuovo regolare!
    Auguri cinerofum, per questo compleanno il mio buon proposito è quello di vedermi al iù presto Sciuscià!

    Albert d'Aporty

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