Extra: Le bonazze di Chabrol

Qualche mese fa il buon Tigre piazzò sul blog del Cinerofum una bella immagine (in realtà la sapiente unione, in split-screen, di due fotogrammi) in cui un buffo omuncolo, con addosso i classici baffi&occhiali finti, è affiancato da una diabolica tenebrosa rappresentante del genere femminile; il Tigre la intitolò "Donne facili". Ed allora, vediamolo questo film del regista parigino scomparso il 12 Settembre di quest'anno, fresco ottuagenario, Claude Chabrol.
Il film è del 1960 ed è il quarto del regista. Film affascinante, come direbbe Verdone..."sstrrano". Davanti ad un night parigino un uomo grida "I più bei nudi di Parigi! I più bei nudi di Parigi!", questo è l'incipit di "Donne Facili", e la dice lunga sulla qualità delle curve, delle pelli, ma anche dei volti e degli sguardi che scorreranno sullo schermo. Ma "Alt!". Maestro d'eleganza Chabrol, non inciamperà mai in volgarità, ben saldo nel suo stile. Nemmeno quando sul palco di uno dei locali più sgangherati di Parigi, salirà una bellezza davvero "riscaldante ed anatomica", e tra i tavoli voleranno i reggiseni. Grande Chabrol.
"Che bastardo che sei!" boffonchio sul divano, con un sorriso mezzo beffardo mezzo riconoscente, rivolto al regista. Ahaha! Chabrol, in questo suo quarto film mostra la padronanza che ha della m.d.p., ma in generale di tutti gli ingredienti della settima, divertendosi con lo spettatore. Gioca con la musica e con le situazioni; sennò che senso avrebbe quella musica da thriller per accompagnare il ritorno a casa dell'affascinante quanto stravagante Jane, in tram, dopo una notte trasgressiva trascorsa tra bicchieri trasudanti champagne?
Più penso all'ora e mezzo passata davanti a questo splendido bianco e nero, più vi trovo spunti interessanti e piacevoli. Ammetto che, a tratti, il film risulta un vero e proprio manifesto della misoginia. Ciò non toglie che anche il genere maschile non esce certo sugli scudi da questa pellicola. Ma la traduzione del titolo originale ("Les bonnes femmes") potrebbe aver grande responsabilità nella lettura superficiale del film, seppur inconsciamente (inoltre solo per noi al di qua delle Alpi). In realtà il film è una tenera carezza data alle infinte serate di donne in cerca di compagnia. Notti finite bene, notti finite male, non vuol dire; è dolcissimo stare seduti a guardare una serata, e la giornata successvia, di quattro impiegate che hanno negli occhi tutti i sogni del mondo. Non sono stupide, sanno anche cosa vogliono, contrariamente a quel che dicono. Una si vuole divertire innanzitutto (una nostra maleducazione è quella di storcere il naso se tale indole indossa lingerie sexy, il regista credo lo suggerisca), un'altra ha una passione di cui si vergogna in maniera infantile (il canto; mi ricorda il mio periodo delle elementari, quando avere una fidanzatina era motivo di scherno); un'altra dice di essere felicemente in procinto di maritarsi (sì, ma con chi non lo dice, e allora le altre lo scopriranno da sé!); l'ultima è la più introversa, sembra la più consapevole. Ma tant'è si scotterà proprio lei: il principe azzurro moderno pedina in motocicletta, lei non s'accorge che è il lupo cattivo, il cestino con le prelibatezze viene consumato in un ristorantino carino, il lupo a tratti fa intendere che non è un mostro d'eleganza (prende a testate il tavolo, ritenendolo esilarante, fate vobis)...lei però non coglie, ottenebrata dalla favola che aspettava sorniona da anni (tra lavatrici, giradischi e vecchi lepeghi datori di lavoro), e ci casca. Giusto tra i cespugli di un parchetto.
Che tipo Chabrol, apprezzava tutti i sentimenti del mondo, anche quelli meno "aristocratici", che possono intercorrere tra uomo e donna, e ce li raccontava senza polvere e graffi neorealisti, ma con una carezza...tutta sua.
(depa)

Nessun commento:

Posta un commento