Extra: Notte Americana

Ciao Cinerofum (mi sembra di parlare da solo...), ieri sera uscita solitaria, freddo e nebbia ovunque, solo una sala cinematografica può scaldare a fondo (beh oddio, anche la Gradinata...), figurarsi una sala che proietta un film culto di François Truffaut, del 1973. Mi precipito.
Il film che mi terrà compagnia è "La nuit américaine", tradotto in italiano con "Effetto notte", del 1973. Dopo circa una decina di film, il regista parigino ci vuole raccontare un po' di quello che c'è dietro: dietro alla cinepresa, dietro le scenografie, dietro alla sua opera e al cinema, in tutti i sensi.
Dal più alto (cosa muove le sue mani sulla mdp, quale sia il motore che detta le sue decisioni, quale forza abbia questa passione), al più basso (come si ricrea un effetto pioggia o come si convince l'attore depresso a fare quest'ultima, benedetta, scena).
Ma, davvero, è riduttivo ogni tentativo di descrivere ciò che Truffaut è riuscito a mettere in scena. Questo film è emozionante. Da "La nuit américaine" sgorga impetuoso e commovente quel suo amore per la "Settima" di cui tutti, critici affermati e blogger dell'ultima ora, riconoscono l'intensità ed il fascino. Da brividi è vedere come alcune scene, che racchiudono in sé il marchio di fabbrica del maestro francese, prendano forma. Chiaramente ciò che non vediamo, cioè la lavorazione di questo film, deve aver richiesto un'abbondante fase di studio e preparazione, ma non dimentichiamo che per un regista la vittoria finale è il film consegnato alle sale, l'involucro più esterno, in questo caso "Effetto notte", ed il risultato è un cult indistruttibile nel tempo.
Ricapitolando: sinora abbiamo visto, "8e1/2" di Fellini, "Attenzione alla puttana santa" di Fassbinder, "Il disprezzo" di Godard ed ora "Effetto notte" di Truffaut.
Il primo lo definirei onirico, della memoria, introspettivo...indubbiamente made in Italy; il secondo istintivo, nervoso, al limite della pazzia; il terzo di certo è il più critico, il credo del regista esonda sulla pellicola; qui, Truffaut, realizza il suo making of (termine che appiattisce e banalizza il tutto, ma torna utile) in chiave più gioiosa, "contenta". E' felice di essersi preso questa cotta, ne assapora tanto i momenti di crisi come quelli "rose e fiori", quasi senza accorgersi di di ciò che è accaduto in sala: non ha portato lo spettatore "dietro le quinte", bensì, in platea sguardi attoniti e brividi per la schiena, l'ha accarezzato oltre le nuvole...
Ancora non credevate che il cinema potesse tanto?
(depa)

2 commenti:

  1. Un grandissimo film sul cinema visto da dietro le quinte nel quale Truffaut si diverte spesso a sovrapporre le storie facendoci ascoltare, per esempio, un pezzo della colonna sonora del film che sta girando perché la sta ascoltando lui (che nella storia interpreta il regista) per capire se è valida, in un momento nel quale è pertinente nel film che lo spettatore sta guardando.
    In "Effetto Notte" il regista ci propone anche stacchi tra una scena e l'altra molto particolari e azzeccati e zoomate meravigliose: per esempio quella sul viso della moglie del segretario di produzione, quando, quasi alla fine del film, si sfoga insultando pesantemente il mondo del cinema con rabbia e determinazione! una scena da 10!
    Emozionante per un appassionato della settima come me, attraverso questo film, vedere e capire certe dinamiche che stanno dietro la cinepresa, come un film prende forma e il clima che regna in una troupe durante le riprese, il rapporto tra il regista e la sua collaboratrice, tra il regista e gli attori, tra gli attori, tra il regista, gli attori e gli operatori, le truccatrici, ecc... Ma sono d'accordo con te, Depa, che " è riduttivo ogni tentativo di descrivere ciò che Truffaut è riuscito a mettere in scena", quindi qui mi fermo.
    Contentissimo e soddisfatto di aver visto questo film, secondo me, assolutamente imperdibile per tutti gli amanti della settima!|

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  2. Rivisto sabato all'Altrove (sala gremita per Enrico Giannubilo), regala sempre emozioni. "Il cinema impera". Dichiarazione d'amore folle come un "odio et amo" in cui, lontano da isterismi (se non richiesti), si scherza in un momento ("trovate un gatto che sappia recitare!"), si dispera nel successivo: E' incredibilmente vario e compatto, mostra con agilità i tanti lati del retro, i lampi d'astuzia, la sinfonia richiesta (pena la magia).
    In ultimo, ma vale primo, la bellezza delle sequenze risultanti: "Ti vedo strano, Alfonse" (pathos e inquadrature); il gatto (emotivo) e il sogno di "Citizane Kane" (montaggio).
    Sempre un piacere.

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