Extra:...il lavoro mobilita l'uomo.

Ciao 'rofum. Ieri sera io ed Elena siamo riusciti a chiacciare una zanzarina che ci ronzava intorno da qualche mese...tra "dati inutilizzabili" e cambi repentini, questo "Il vangelo secondo Precario" del 29enne Stefano Obino (del 2005) non voleva proprio finire sullo schermo della vostra sala preferita (ammettetelo...). Da dove cominciamo? Ah sì, il titolo del post è presa dal film. Il film, ecco: uhm, difficile essere molto cattivo con una produzione "dal basso"...
...che si pone l'obiettivo di percorrere una strada alternativa coraggiosa, l'autofinanziamento, tramite donazioni via rete internet e contributi dalla rete di circoli vari; si rischia di demotivare persone che hanno capito che non è più sostenibile ingrassare case di produzione che gettano schifezze, in sale piene di bestie, senza sentirsi minimamente causa dello sfacelo culturale e morale dei nostri splendidi tempi. Ma persone intelligenti non gettano la spugna dopo una critica costruttiva. Anche perché quando il regista spiega che non c'è, non solo in Italia, un cinema che denunci (sì sì, è questo il termine adatto) gli errori a delinquere che ministri strapagati hanno commesso, ponendo in braghe di tela una o due generazioni, dice il vero. Quindi ben vengano lanci di san peitrini non andati esattamente a segno. A volte basta vedere quel gesto, sentire quel "Che l'inse!" perché qualcosa cambi. Raramente.
Il film ha un bel gruzzoletto di sbavature ed una buona dose di superficialità, questo va detto. E' la sceneggiatura che ha un po' di perdite. La storia viene snocciolata con una classica suddivisione in 4 storie, accomunate dall'intervento di un personaggio, San(dro) Precario, appunto. E già questa scelta non è la più originale; ma come abbiamo imparato nel corso di questi mesi, è il COME che vince. Le problematiche derivanti dalla precarietà del lavoro (chissà perché continuiamo a chiamarlo così...) sono narrate solo in superficie e con esempi ampiamente stereotipati; esempio di stereotipo: uno dei protagonisti scopre che la ragazza se la fa col suo capo stronzissimo (e alla fine accetta, anche se non in silenzio, quindi poco realistico nel paese del crimine d'onore; ho da poco visto "Divorzio all'italiana"...); esempio di superficialità: su quattro storie non ce n'è una di un non laureato e, ancora, tutti i capi sono macchiette (ad onor del vero più riscontrabili nella realtà di quanto sembra...) che non sono funzionali a descrivere a fondo il problema della prevaricazione di dignità e moralità al fine del soldo. Il capo che, con una trovata di sommo surrealismo, viene trasformato in una deposizione di "superfluo peso del ventre" fumante...come dire, non è il massimo, ecco. Capiamoci, sono d'accordo. Ma un Film deve consegnare quel messaggio per altra via; non sto chiedendo eleganza, anzi a molti personaggi come quelli del film non le manderei a dire, ma se per una questione di incisività è meglio affilare le armi in altra maniera. Il regista, comunque, ha il senso del ritmo, e gli attori, tranne qualche prova esagerata (alcuni capi e la sfuriata della stagista della IXTAT), fanno il loro dovere.
La strada però è quella giusta. Produrre da sé e mostrare (alcuni) perché.
(depa)

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