Extra: K. Hepburn, C. Grant & J. Stewart...a Filadelfia

Ueila 'rofum. Ieri sera, nessuno ha risposto affermativamente alla proposta della Ele di vederci un sano film del 1940, al cinema; e così, questo brioso ed ironico "Scandalo a Filadelfia", del regista newyorkese George Cukor, lo abbiamo assaporato solo noi. Il regista americano, esperto nel dirigere le grandi icone rosa del cinema, in questo film lancia la travolgente Katharine Hepburn tra le star, dopo che essa la RKO la cestinò. Lungimirantemente, come spesso accade, ci furono critici che dissero "è capace di recitare tutta la gamma delle emozioni dalla A alla B", mentre il pubblico raffinato, snobbandola, le causò un bel "Avvelenatrice di botteghini"...
...ed invece, l'emancipata donna del Connecticut, diventò cigno cinematografico conquistando ben 4 Oscar come miglior attrice (su 12 nominations). In verità, un oscar l'attrice lo vinse già con la "Gloria del mattino" (del '33), al suo terzo film. Non che l'oscar sia sinonimo di garanzia, però...
In questa pellicola, emblema della commedia hollywodiana del remarriage, accanto alla Hepburne, Cary Grant sfoggia tutto il suo fascino. Attore che emana spessore artistico dalla propria figura (cavolo, è lui il classico attore americano!), qui, in realtà è un comprimario, anche se di super lusso. Ma, chi "dà il bianco col rullo sulle pareti", in questo film è il trentaduenne James Stewart: nelle vesti del giornalista non in carriera che vorrebbe fare altro (lo scrittore, di cose "serie") e che, se obbligato a sorbirsi festini VIP, finirà col dedicarsi allo champagne con più dedizione che al taccuino, è puro intrattenimento quello che ci offre; oscar come migliore attore, battendo: Henry Fonda di "Furore" e Chaplin ne "Il Grande dittatore". Non so se mi spiego... Azzardo: una sorta di "Mattatore" cui manca solo un accento italico. In una scena, che non può essere dimenticata, James Stewar ubriaco cerca di impostare un discorso a Cary Grant, beh...non solo ci viene fatto dono di una coppia Vialli-Mancini cinematografica, ma i due, come i gemelli blucerchiati, sembrano proprio divertirsi. Al limite dell'improvvisazione.
Il film può sembrare più frivolo di quanto si pensi. Ma dice il vero chi asserisce che, in realtà, non si tratta di gag alla Stanlio & Ollio, ma di sagaci e taglienti scambi di battute eseguite alla perfezione da i suddetti mostri sacri. Il Cukor dialoghista colpisce nel segno.
Da menzionare anche la "bambina" Virginia Weidler, che con la sua simpatia porterà su i decibel delle vostre risa (scomparsa a 42 anni).
Insomma, una bella commedia che, a tratti, sembra "farsi tornare i conti" un po' troppo facilmente (il finale, in effetti, non è il massimo, un po' frettoloso), ma che diverte e qualche riflessione, tra le frecciate, la suggerisce.
Due giorni dopo aver visto "Gertrud" di Dreyer (GIRATO 25 ANNI DOPO), vedere quale ironia poteva pervadere le pellicole d'oltreoceano, lascia un po' perplessi. E' altro cinema, lo sappiao bene. E capiamo anche che, in quel testamento, il maestro danese avrà voluto spremere un suo succo al 100% (quindi, forse, un po' acidognolo?). Ma, tutto sommato, anche in questo film si parla di un estremo concetto di amore, anche se di sé...
E', inoltre, un film sulla debolezza alcolica degli uomini: donne di tutto il mondo non unitevi!
(depa)

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