Extra: Kubrick e La Guerra

"Full Metal Jacket". 1987. Stanley Kubrick. Difficile scrivere qualcosa sul film perfetto. Però si potrebbe provare a spiegare perché la fama che avvolge un film, per una volta, non sia frutto di un marketing ben studiato, o di un abbaglio del grande pubblico. La penultima opera del regista americano, sette anni dopo "Shining" e dodici prima dell'ultimo "Eyes Wide Shut", risulta un film solido, completo, che vive da sé...

Non è un film come gli altri, che viene prelevato ogni tanto dalla propria collezione e infilato in qualche marchingegno, sta lassù, gira come un satellite, a volte si avvicina alla terra quel tanto che basta perché si palesi, su tubocatodico o LCD che sia...
Dalla prima inquadratura all'ultima, anzi, dai titoli di testa a quelli di coda. Kubrick ha consegnato all'umanità una fantastica parabola sul rapporto tra l'uomo e la guerra, tra l'uomo e la violenza contro la propria specie. Il film racconta, in maniera lucida, asciutta, secca, a quale perdita di umanità (figurarsi di civiltà) possa giungere questo animale stra-sopravvalutato. Non c'è una voce fuori campo che ci spiega cosa dovremmo capire (vero Malick?); non c'è alcun discorso allegorico per farci prendere coscienza di noi (...); c'è l'uomo e il suo istinto di morte, c'è la guerra, c'è la morte, lì sullo schermo. Poco miele, solo pelle, e inevitabile sangue.
Non c'è una parola, un'inquadratura che potrebbe o dovrebbe essere evitata; ma è funzionale esteticamente, stupenda ai fini del risultato.
Primi 20 minuti che sono di un'intensità unica, per inquadrature, ritmi, fotografia e montaggio: lezione di cinema. Poi il film prende corpo, rimpolpando lo spazio tra spettatore e schermo con emozioni e riflessioni, che verran da sé, e senza che intacchino la fluidità delle immagini, nessun intoppo. Una delle scene che più mi ha emozionato è quella in cui i due reporter, con un cameraman al seguito, riprendono i soldati in uno scontro cittadino: una sequenza indimenticabile. Poi la telecamera, che insegue i soldati che si avvicinano al cecchino, nella scena finale, in realtà è davanti a tutti; apripista di uno stile cinematografico.
Si vede che mi ha entusiasmato, che non ho respirato? Rivedetelo...
(depa)

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