Extra: Lars Von Trier sull'Amore

Cinerofum sempre più spesso rigonfio di potentissime emozioni, si rischia l'infarto a vedere un cinema così: "Le onde del destino", del danese Lars Von Trier, è un film del 1996 che fa tremare le pareti del cuore. Una regia che accarezza e colpisce, una sceneggiatura che sprizza amore puro al 101%, interpreti eccezionali: questo film sull'Amore, sulla Follia e sul loro stretto legame è, non ho paura a dirlo, un film straordinariamente bello e...devastante.

Extra: Herzog dirige Kinsky

Ieri sera, solo soletto, mi sono potuto rilassare di fronte a un vecchio buon Herzog. Nel 1979, il regista di Monaco di Baviera, decise di misurarsi con "Woyzeck" di Georg Büchner. Alla fine della prova, si ha la sensazione fragorosa di aver assistito ad una grande opera classica, in cui il maestro Herzog, stravolto, scapigliato, dinanzi agli applausi scroscianti, ha diretto un'orchestra in cui tutti gli strumenti sono suonati alla perfezione da un unico, indimenticabile, attore: Klaus Kinski.

L'appartamento

Serata LXXVIII:
Il 'rofum nella canicola milanese prova a rialzare la testa; in sala Uander il ventilatore può restare fisso, tanto i presenti sono tre: Ele, Albert Aporty ed io. Sopra i 30° C, i medici cinematografici consigliano una sana commedia americana; noi, da bravi e ligi degenti, seguiamo alla lettera, e ingoiamo al volo il medicinale più celebre: "L'appartamento" di Billy Wilder, del 1960.

Extra: Godard nonsens-ato?

Jean-Luc Godard, va bene. L'hai voluto tu. O, forse, tu dirai: "Io non ho voluto proprio nulla". Non importa, allora mettiamola così: tu nel 1965 hai creato "Pierrot le fou" e io, 46 anni dopo, butterò giù impressioni e colori, che andranno ad aggiungersi a quelli già schizzati da milioni di persone, alcune delle quali dedite a carpire la tua arte, per trarne una propria inutile somma, altre non provandoci nemmeno, limitandosi a gridare "Sì!" o "No!".

Extra: "Bellissimi" Anna e Luchino

Un sabato pomeriggio di metà agosto è destinato a essere ricordato a lungo, se ha fatto da sfondo a un film come "Bellissima", del 1951, di Luchino Visconti. Sono in due ad uscire sugli scudi da quest'opera indimenticabile: l'emozionante Anna Magnani, autrice di una prova disarmante, e il regista-conte milanese, capace, già nel suo terzo lavoro, di confezionare un film neorealista fino al midollo, con scene che s'imprimeranno come poche altre nella mente dello spettatore.

Extra: Dillinger è morto

Ciao Cinerofum, ieri sera il regista milanese Marco Ferreri ha fatto il suo ingresso non-ufficiale nella tua umile storia. E lo ha fatto portando con sé un'opera davvero complessa e, forse per questo motivo, ancora più affascinante: "Dillinger è morto" è un film del 1969. Non è difficile per struttura e contenuti, ma per la forma: deve, a mio parere, essere vissuto intimamente, come viaggio introspettivo in ciò che eravamo, ciò che siamo, ciò che, inutile mentire, saremmo voluti essere...

Extra: Boorman e la paura...

Qualche giorno fa, in sala Uander, io e quello scamarcio di Mr. Brown abbiamo guardato un film il cui titolo rieccheggia da trent'anni nelle bocche dei villeggianti che partono per passare un bel fine-settimana in compagnia, nella natura. Il regista inglese John Boorman, nel 1972, decise di tradurre in cinema un libro che James Dickey scrisse due anni prima ("Dove porta il fiume"); il risultato è questo suo quinto lavoro: "Un tranquillo week end di paura".
Comprendere le ragioni per cui questo film sia diventato così celebre è un esercizio a volte facile, a volte impossibile...

Blow up

Occasione LXXVII:
Ieri altro Antonioni, altro percorso in quei meandri che non sono percorsi né da globuli né da neuroni, quelle vie lattee invisibili, percorse con accanimento, ogni giorno, da tutti gli esseri della terra; creuze dell'anima, a volte in discesa, altre in salita, arricchimento e affaticamento fattori comuni che vanno sempre e comunque a braccetto: "Blow up", Palma d'Oro 1966.

Extra: L'uomo e il deserto dentro

Ciao Cinerofum, scriverò due righe a proposito di un film del regista dei turbamenti dell'animo umano: Michelangelo Antonioni. Nel 1975, chiamò Jack Nicholson e girò un film lento e difficile ma profondo, come un'operazione chirurgica, che va a scavare dentro per mostrare quanto vuoto possa starci. "Professione: reporter".

Extra: amore rapido e dolore

Cari 'rofumisti, iersi sera, all'Oberdan, mi è capitato di vedere un film davvero affascinante, una pellicola che da subito mi sento di consigliarvi, a costo di precipitare nello stucco. Nel 1958, il regista genovese Pietro Germi, decise di realizzare ed interpretare un film sulla passione, sulla morale, sulla famiglia e sulla società. E il risultato, per me, è stato quasi perfetto: "L'uomo di paglia".