Extra: Godard nonsens-ato?

Jean-Luc Godard, va bene. L'hai voluto tu. O, forse, tu dirai: "Io non ho voluto proprio nulla". Non importa, allora mettiamola così: tu nel 1965 hai creato "Pierrot le fou" e io, 46 anni dopo, butterò giù impressioni e colori, che andranno ad aggiungersi a quelli già schizzati da milioni di persone, alcune delle quali dedite a carpire la tua arte, per trarne una propria inutile somma, altre non provandoci nemmeno, limitandosi a gridare "Sì!" o "No!".
La voglia di tirare torte in faccia agli impagliati dei party è grande, il bisogno di fuga avanza, nello spazio tempo scandito dai colori, tutti: rosso, verde, blu, giallo...non scorrono i minuti o i Km sul parabrezza di chi è auto-rincorso. Al cospetto di mozziconi d'autostrade che non portano da nessuna parte, mero cemento appiccato alle campagne, manichini allestiscono incidenti che diano un senso, alla vita?, alla morte?, a niente! Questo è il film di coloro i quali, se viene detto loro "Pazzo, va' sempre dritto!", sentono il dovere istintivo di rispondere con una sterzata improvvisa e un inesorabile splash in mare. Ma anche di coloro che rompono. Rompono le palle, rompono tutto. Scardinamento dada audiovideo, di suono e materia: è così che la poesia diventa: "chi perde vince", è così che assume senso un giradischi inondato (!?). Lo schema più rispettato, mai infranto, il motivetto disneyano cantanto tra tronchi su cui poter agilmente saltellare può, invece, risultare calzantissimo per spiegare lo strappo (tanto è V.M.18) tra destino e vitino, per dar polpa pop art alla distanza tra idea e sentimento.
"Non la vita della gente ma la gente, quello spazio tra la gente: i colori, i suoni...", se lo si sa fare, per accorgersi che c'è chi è Technicolor, come quella ragazza entrata nel bowling, e chi non lo è; che una stessa persona può chiamarsi, nello stesso colore, sia Pierrot, sia Ferdinand.
Sckrash: nella pittura si può, nella letteratura e nell'architettura pure. Nella musica, come no! Anche nella danza, ovviamente, come nella scultura. E perché allora, nella Settima, non tratteniamo gli "Anche io so comporre versi a vanvera!"?
Cosa che, in realtà (se esiste), Godard non sa fare. A parlare in uno spazio assolutamente privo di una forza che conferisca un senso alle cose, sono abilissimo io e tantissimi altri, compresi coloro che a quest'opera diedero il titolo "Il bandito delle ore 11".
(depa)

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