Extra: terrestre di Gipì

Ieri sera, all'Eliseo di Milano, il 'rofum si è alzato dal divano, 91, metro rossa, Duomo e 2, TAC! E, incredibile a dirsi, lo ha fatto per un film italiano, di più!, un'opera prima di un fumettista: il pisano Gian Alfonso Pacinotti, detto Gipi, classe 1963. Il film s'intitola "L'ultimo terrestre" e per stravaganza, originalità della trama e per attenzione alla fotografia e alla regia, può valere la passeggiata e conseguente acquisto del biglietto. Certo, la sceneggiatura è un po' traballante, qualche tubo è storto, qualche trave viene giù, ma a noi serve anche questo: comprendere che realizzare un film non è come prepararsi un té (cito l'unica "pietanza" che sono in grado di allestire...).
Il regista è in sala e pare simpatico, sinceramente intimidito dal pubblico e riconoscente nei confronti del protagonista, Gabriele Spinelli, che "in questo momento, è giovedì, sta facendo il portinaio all'università di Pisa". Ammette la propria difficoltà nel classificare il film, "a volte fa un po' paura, a volte fa un po' piangere, altre ridere". E così, un po' incuriositi, un po' rilassati perché ci pare di capire che non dovremmo affrontare un "Gertrud", aranciata nel porta bibita, iniziamo la visione.
I titoli di testa ci regalano già qualche risata con telefonate improbabili, giunte a una stazione radio, in cui "variopinti" cittadini parlano a proposito alieni (che stanno arrivando, ormai è ufficiale), ognuno dal proprio punto di vista. Poi la telecamera s'abbassa e si capisce che il regista possiede, d'altro canto è un disegnatore, un certo gusto per la fotografia, riuscendo a ricreare quadretti molto accattivanti. A dar manforte a questa suggestione, ci pensa l'ingresso in scena del protagonista. Con l'espressività marcata propria di un personaggio dei fumetti, Spinelli, al suo esordio, regge la telecamera e costruisce un personaggio che il pubblico segue con piacere, anche nei momenti in cui verrebbe voglia di strattonarlo, di gridargli "Sveglia!". Appurata la buona prova del nuovo attore, il regista fa sfoggio di coraggio e determinazione. Prosegue la sua ricerca di inquadrature non banali e di sequenze non accademiche, e ciò fa piacere allo spettatore italiano, stuprato da storie d'amore in cui bionde e more si rincorrono per le scale di un palazzo popolare, gridando il proprio diritto di maternità... Di sicuro, però, il regista avrà tempo per rivedere la sua prima creatura e prendere nota di qualche brandello di story-board perso qua o là. Questa sensazione declassa un po' la pellicola a filmetto apprezzabile, divertente, ma che manca di solidità. Se fossi il regista, essendo il primo tentativo, sarei comunque soddisfatto. Potrebbe dargli fastidio il fatto che questa simpatica trama è ormai, come dire?, bruciata. Ma, provenendo dal mondo dei fumetti, suppongo che di benzina "SuperPowerFantasia", nel serbatoio, ne abbia. Quindi, noi aspetteremo buoni buoni qui, in quella piazzola d'emergenza che è il divano di casa mia, lontano da s-Hell e altre sorelle assassine.
(depa)

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