Extra: Hollywood e l'uomo, il successo e la disfatta

Ieri sera, in sala Uander, è tornato Billy Wilder; sì, il regista austro-ungarico (oggi si direbbe polacco), prima di Natale ci ha voluto salutare con una delle sue opere più ricordate: "Viale del tramonto", del 1950, è un Wilder meno brillante e gioioso delle opere successive che abbiamo visto sinora in sala, anzi, in questa pellicola il vostro ottimismo andrà a farsi benedire; forse il regista in quegli anni aveva ancora negli occhi la fuga da quella sua Europa in preda alla violenza, forse non si sentiva ancora così grato a quella Hollywood che lo rese immortale (scambio equo tra i due), o forse i produttori gli spiegarono solo dopo questa pellicola angosciante che far sorridere (almeno in superficie) è più redditizio. Comunque sia, Billy Wilder che dirige una Gloria "Norma" Swanson così non permette di girarsi dall'altra parte, anche se fa male allo stomaco. Pilastro di marmo durissimo della Settima.
Sequenza inziale indimenticabile (chiedete alla Ele, ho avvolto indietro il nastro!), con in più la ciliegina dell'inquadratura del cadavere in piscina...Stupenda e un motivo in più per non perdersi gli Extra del DVD (che spiegano come fu realizzata). Poi la pellicola si svolge e, in un'atmosfera hitchcockiana (forse per un "profano" come me), lo spettatore s'inoltra nella coltre per vedere cosa ha portato il protagonista a galleggiare come un coccodrillo gonfiabile. Ma questo film ha due centri gravitazionali: il primo è il tempo che fugge, l'età che rincorre; per questo motivo ho percepito questo film come intrinsecamente femminile. Questo film ha sesso ed è femmina: Norma Desmond incarna chi si aggrappa al passato, chi si è scottato con le adulazioni (vuoi di Hollywood vuoi della persona amata) che gonfiavano cuore ed orgoglio. Il secondo è l'aggressività di un'industria cinematografica (quindi qualunque professione in cui si è obbligati, o ci si è ormai abituati, a dimenticare le persone che stanno dietro gli strumenti, gli uomini dentro i mezzi) che usa e getta, distribuisce sorrisi falsi sinché ne vale la pena.
L'attrice regala momenti destabilizzanti (le sue "mosse" nel cinema privato, la discesa dalla scala negli ultimi attimi di libertà) ed è un film nel film pensare alla sua reale carriera, a quel passaggio muto sonoro che deve averle tolto il terreno da sotto i piedi. Ecco, in questo "Sunset Blvd", è la sincerità delle rughe di fatica e dolore che circondano gli sguardi del cast a lasciare lo spettatore con un'angoscia che si attacca, s'appiccica come il trucco della diva Norma, in sala cola addosso al pubblico l'amarezza del tempo che tira avanti. Quindi "Max" von Stroheim è credibile, perfetto nel ruolo di chi "spolvera" maniacalmente l'immagine del proprio amore, della propria scoperta, di tutto il proprio passato.
Wilder ha uno sguardo acuto, lucidissimo, sulle dinamiche che muovono le reazioni alla violenza del tempo e, quindi, dell'oblio (esistenziale, professionale); farà anche questo film per sé, per tenerlo lì e ricordarsi di non gioire mai troppo. La sua grande carriera non gli permise l'esperienza di "Norma" dimenticata, ma le stagioni gli concessero almeno di far la parte della "Norma" appassita.
Hollywood attaccata con eleganza, questo filmone fece fare la figura del povero stupido a Mayer (quello del Leone) che si irritò perché messo a nudo, mentre la Paramount ne uscì sugli scudi con astuzia.
Vorrei dire molto altro e magari lo farò. Intanto voi correte a guardarlo. Buon anno a tutti.
(depa)

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