Extra: truce soffio cinese

In una sala Uander assediata dal gelo e dalla neve, fa il suo ingresso nella nostra inziativa il regista che viene dal cuore della Cina: Zhang Yimou, nato nel 1951 a Xi'an, con "Lanterne rosse" completò il suo quarto lavoro, nel 1991. Di questo film si sente ancora l'eco delle lodi che lo innalzarono tra i capolavori, quando uscì, pur non vincendo il Leone d'Oro; quindi abbiamo tappato anche questo buco, per poter dire la nostra: davvero così eccellente? Uhm...leggiamo.
Appartenente alla cosiddetta Quinta Generazione dei registi cinesi, Zhāng Yìmóu è certamente autore attento alla fotografia, alla geometria rappresentata sullo schermo e questo film si presta, interamente ambientato in una sontuosa antica reggia cinese, a giocare con simmetrie, linee e colori ricchi di contrasto ed eleganza. Il film sul piano puramente estetico è quasi perfetto, il quasi deriva dalle mie solite perplessità (da novizio) di fronte a scelte che mi sembrano "facili" (mi viene in mente l'ultimo Sorrentino, non sto accostando i due registi eh, peste mi colga!). Un diplomato alla scuola cinematografica credo sia in grado di riprendere gli ambienti "appoggiandosi" alle rette messe a disposizione dalle pareti, dai tetti, dai tratti che attraversano gli spazi, interpretando col proprio gusto le note sparse qua e là. Non dico banale ma mi aspetto che, se fai un film, tu lo sappia fare molto bene. Sì, sto esagerando, straparlo da solo, ma come mi permetto?!
Per quanto riguarda i contenuti, la favola raccontata (a quanto pare abbastanza discostante dal soggetto da cui è tratta, con scelte del regista che ho condiviso) non è nulla di straordinario, di indimenticabile, ma è tale per cui ci si può divertire ad arzigogolarci sopra, oppure ascoltarla in santa pace. La scelta allo spettatore; in entrambi i casi le due ore scorreranno piacevoli, perché il film scorre rapido al ritmo dell'asprissima competizione che dilaga nella lussureggiante dimora made in China. Gli eventi paiono suggerire il concetto di "guerra tra poveri", a cui la protagonista Songlian s'iscrive appena varcata la soglia. La logica della rivalità, dello sgomitare, s'impossessa di ogni essere vivente, questo pare suggerire la pellicola, finanche quando il premio è essere posseduta da un uomo nemmeno tanto simpatico (certo, stra-ricco lo è). Il tema delle tradizioni, che ingabbiano piuttosto che proteggere, è un altro pilastro di "Lanterne rosse", ma forse il rischio è di cadere in elucubrazioni tutte europee, privandosi del volo che il cinema di Zhāng Yìmóu concede; un cinema che ha il colore di tutte e quattro le stagioni, con delicate inquadrature fisse, ravvicinate, ampie, piani sequenza accarezzati, con particolare attenzione al montaggio e all'utilizzo del sonoro.
Ripensandoci, se la fotografia pare "lasciar fare" più ai luoghi ed alle archietture che alla cinepresa, significa che abbiamo di fronte un regista dallo stile pulito, nitido, dal tocco impercettibile, che fa del suo cinema...un soffio.
(depa)

1 commento:

  1. E' vero, delicatissimo, anche se in questa pellicola che per sottotitolo potrebbe avere "Odio tutti", prenderei tutti a sberle!

    ps: ormai si sa quanto vale un Leone d'Oro; il film vinse quello d'Argento della giuria... Leone dalla coda si paglia!!

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