Extra: "Chi la fa l'aspetti" di Kieślowski

Altro colore altro regalo, la sala Uander 'sta volta si tinge di bianco, il colore del non-colore, della freddezza che indistamente tratta tutto alla stessa maniera; forse è questa l'unica possibilità di realizzarsi per quell'égalité che non trova più spazio di quel misero terzo di bandiera..."Film bianco" è un film del 1994, capitolo di mezzo della trilogia realizzata da Krzysztof Kieślowski dedicata al tricolore francese.
Come "Film bleu", il film è composto da scene di strepitosa delicatezza, alcune delle quali vengono giustamente percepite come elaborate, studiate nel minimo dettaglio: a confermare questa sensazione vengono in aiuto le testimonianze del regista polacco, della protagonista (Julie Delpi, fredda nella sua bellezza diafana) e del produttore. Il regista è un vero maniaco del dettaglio; ma voglio correggermi: un artista del dettaglio. Perché una particolare attenzione degenera in manìa quando ne perde il significato e il fine. Kieślowski, vedere gli extra dei due film "Rosso" e "Bianco" per credere, era un teorico del montaggio, dello stacco perfetto e del dettaglio, per lui un certo gesto doveva essere fatto in un certo modo, una scena comunicare un ben preciso sentimento. E, guardando "Film blanc", il pubblico, miracolosamente, si accorge di questo immenso lavoro sotterraneo. Ma K.K. non era, come detto, un maniaco: in alcune situazioni lascia fare all'attore (nella scena del riavvicinamento, dopo il finto funerale, per esempio; tra l'altro dopo lo shock dell'incontro, il regista avrebbe staccato sulla protagonista in giarrettiera, gonna giù...grande Krzysztof!), altre volte si piega alle necessità (telecamera a spalla utilizzata al posto del carrello, prediletto dall'aiuto regista), insomma non era un rompiscatole "tanto per".
Il film racconta le vicissitudini di un polacco immigrato a Parigi, probabilmente per amore e inizia con un'accusa, da parte del protagonista: "Dov'è l'uguaglianza?!". Ma non soltanto, nel caso specifico, non sembra che si debba coinvolgere l'altissimo concetto di eguaglianza (se lui non ce la fa...la moglie, per quanto refiosa, ha tutte le ragioni), ma nemmeno che sarebbe una scelta azzeccata: non originale, ma banale e ingenua. E, infatti, man mano che il film procede, s'intuisce maggiormente il significato che K.K. vuole dare a quell''uguaglianza che, implicitamente, dà il titolo alla pellicola.
L'uguaglianza, che spesso fa alzare i pugni al cielo, venendo meno, è quella nostra, verso gli altri, non viceversa. Per questo motivo i soldi, il sesso, non possono nemmeno in amore...e tanto meno con una stronzetta! Perché non c'è uguaglianza nel volere fortemente, nel "colorare" l'oggetto del nostro desiderio...la vera uguaglianza è sentire l'altro in maniera bianca, neutra, non fredda ma di reale rispetto (senza speranze prevaricanti). Tant'è che l'uguaglianza urlata dal protagonista, una sorta di "chi la fa l'aspetti" carica d'odio e dimentica del sentimento di partenza, condurrà solo a lacrime, queste sì divise equamente.
Molto suggestiva la parte del film in cui viene mostrata la solitudine del protagonista (bravissimo Zbigniew Zamachowski); inevitabile, il ricordo va al Pierre de "Il segno del leone": per entrambi il caso può rimescolare le carte quanto vuole, ma alla fine vince sempre il banco.
L'"égalité" reale è nella morte, l'"equa livellatrice" senza colore (non nera, come al solito!) che nella vita non potrebbe esistere: vita troppo soggetta agli strattoni con cui Bene e Male tirano a sé, comportando un perpetuo disequilibrio.
Il bianco "è quello della neve", del silenzio, in questo film che è una "commedia triste" e che il regista ha comunque cosparso del suo humor (il piccione all'inizio e altro); perché, se le condizioni fisiche del regista si consumarono durante la realizzazione della trilogia (praticamente in contemporanea), portandolo a sventolare questa malinconica white flag che sa di resa terrena ("Al contrario, lo vuole più di prima!" dice l'amico Mikolaj a Karol, nel tunnel della metrò), è anche vero che Krzysztof Kieślowski covò vera passione cinematografica, costringendolo a un ultimissimo colore Rosso...
(depa)

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