Petra vuole solo dormire

Qualche giorno fa è iniziata l'avventura del Cinerofum alla scoperta del regista bavarese Rainer Werner Fassbinder: io ed Elena allo Spazio Oberdan, davanti a noi la pellicola "Le lacrime amare di Petra von Kant", del 1972, profonda e, perciò?, angosciante rappresentazione della solitudine umana, senza via d'uscita, a ben vedere, tutta in una stanza.
Il film è ostico da digerire, tratto da un dramma teatrale dello stesso Fassbinder, scritto l'anno prima, in quanto duro nei lineamenti e, soprattutto, nei contenuti.
E' vero, Petra è una stronza, è una borghesotta tutta presa da sé e dal proprio successo, in apparenza distratta a tutto ciò che la circonda, se non comporta affermazione e potere. Pare che i manichini sparsi per la sua camera da letto/ufficio le bastino, che la segretaria/domestica Marlene debba/possa limitarsi ad eseguire freddamente gli ordini senza nessun passaggio di calore.
Ma tutto ciò che la circonda, si viene presto a capire, sono solo parrucca, trucco e vestiti stravaganti, finzione a coprire il vuoto. Coprire non è riempire e, soprattutto, la coperta è corta sul piano temporale, ora Petra si guarda nei suoi innumerevoli specchi e si sente protetta, ma l'immagine riflessa narra dell'adesso, i futili atteggiamenti e le sterili chiacchierate non hanno effetto sul passato e, necessariamente, nemmeno sul futuro.
Petra lo sa, in realtà: il suo è un sorriso carico di tensione, il suo sguardo percorre molta più distanza di quella restituita dai suoi specchi, cerca di, tende a. Ma non c'è punto di arrivo.
Col passare dei minuti il dramma di Fassbinder prende forma e si consolida, la splendida interpretazione di Margit Carstensen raggela il pubblico in sala, che ora si rende conto di quanto suonasse falsa quella canzone dei "Platters" (contrapunkt), di come fossero solamente tristi i ricordi rivocati dai "Walker Brothers"; per te c'è solo Giuseppe Verdi, povera signora von Kant.
Sequenza finale con Petra sul tappeto bianco, senza più letto, che risponde al telefono e in seguito accoglie, ubriaca di male di vivere, madre, figlia e amica, di grande potenza drammatica.
Fassbinder è così, sulle prime spiazza ma, riflettendoci, come perdendosi tra i suoi innumerevoli specchi, ci si accorge di essere stati ricondotti esattamente a noi, che siamo la causa del nostro smarrimento. Non i suoi film.
(depa)

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