Rifugio anti-paranoia

Ieri pomeriggio sono andato allo Spazio Oberdan a vedere un film che era impossibile evitare: 17 proiezioni in 9 giorni, anche non volendo...Comunque, "Take Shelter" del regista americano sconosciuto (classe '78, alla sua seconda) Jeff Nichols, datato 2011, se di certo non merita tutta questa risonanza, tuttavia è un film che intrattiene e può essere visto da qualunque tipo di pubblico: a pensarci bene non è sulla bocca degli appassionati di film tipo "End of The World II" solo perché il finale lascia troppi spazi all'imaginazione, alle domande, al dubbio. Nichols, probabilmente, sa che il pubblico delle multisale UCI vuole pappa pronta e tutto apparecchiato, "quattro salti in sala", ma se ne frega e tira dritto davanti ai McCinema.
Premessa: se potete, evitate di leggere la trama prima della visione della pellicola, per me è un assioma, ma 'sta volta ci sono cascato per puro caso e un po' ho pagato dazio.
"Take Shelter" è un film fanta-psicologico che trae qualche insegnamento da film del passato (non li elenco, sono ovvi e li avete visti) e punta tutto su una tensione latente (con la classica collaborazione del sonoro) dovuta ad un dubbio costante. E' vero o non è vero che...? Schema adottato dal cinema sin dagli albori, come prima dagli illusionisti e dalle religioni, che poi sono la stessa cosa. Nella vita, l'equivoco può essere così profondo da insinuarsi tra le sinapsi della nostra mente e dar luogo a qualche cortocircuito, sfociare in una patologia della psiche? Oppure vale il viceversa? Capirete bene, ora, la necessità della mia premessa: d'altronde nella nostra società, per nulla ipocrita!, a volte, se qualcuno afferma una cosa ed è vera, provata, tutto bene, altrimenti, questi è un pazzo (uhm, a ben vedere può essere considerato tale anche se dice cose provate, ma vabbè questo è tutta un'altra storia...); questa la finestra del film sul tema follia. Perciò conoscere la trama non è un dettaglio trascurabile (pensate se ne "Il sesto senso" voi sapeste già che). Uno potrebbe dire che "Non conta conoscere il finale o no, il film narra di una malattia", però il finale gioca troppo con le carte e il castello, allora, non regge; a meno che i castelli siano diventati due...
Spese queste illuminanti righe, concludo dicendo che la recitazione dei protagonisti non mi ha soddisfatto (Michael "Cristiano De André" Shannon, piuttosto statico, a parte l'esplosione rabbiosa al pranzo di gala, ma forse lo è anche un pazzo, in effetti), la più brava è la bambina, e la sceneggiatura in alcuni punti è davvero banalotta (e mancano i soldi e l'amico si arrabbia), però il regista il suo lo ha fatto, perché in film di questo tipo (Hitchcock docet) la "temperatura" è tutto, basta che si abbassi di un grado e tac, il piatto è andato. Invece, ripensando alla pellicola di Nichols, viene in mente che si sarebbe potuto stare in sala anche qualche ora in più, allo spiedo...e non è poco.
(depa)

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