Rockstar e ciabatte di Leconte

Lunedì scorso, ultimo appuntamento stagionale del Cinerofum al circolo Famigliare di Unità Proletaria, ultima pedalata primaverile, passando da viale Padova questa volta, sino al film che ci permette di introdurre il regista francese Patrice Leconte, classe 1947, il quale girò, nel 2003, un film piacevole, con solo una punticina di malinconia sul tempo che è passato e, soprattuto, sul come: "L'uomo del treno".
All'interno di un ciclo dedicato al noir, nelle sue varie evoluzioni, questa pellicola, in realtà, ci racconta di quando il nero vira verso il blu scuro, poi al marrone-antico-polvere...l'atmosfera cupa del personaggio "tenebroso" viene qua e là trafitta dalle intrusioni dell'altro, quello più solare sì, ma anche spossato dalla canicola delle estati fuggite...Un duetto apprezzabile e bizzarro quello portato sul grande schermo da due celebrità d'oltralpe. L'uno di fronte all'altro stanno Jean Rochefort, volto più che riconoscibile del cinema francese degli ultimi quarant'anni, e Johnny Hallyday, rockstar da 100 milioni di dischi. Bravi loro a non strafare e a dosarsi, attento Leconte ad amalgamarli senza grumi cinematograficamente indigeribili. Il film è girato bene, possiede tempi corretti e poggia su una fotografia ricercata, ha a disposizione dialoghi rapidi e vivaci, tra due "sagome" che da subito si accaparrano la simpatia del pubblico; alcuni personaggi a contorno, poi, fanno da salsa francese d'ottima qualità, non appesantiscono come ketchup e maionese di marca nota, anzi: ditemi un po' voi se il personaggio "delle 10" non è gustoso come un'elegante salsa alle erbe provenzali!
Certo, se il film ("Ouh belìn eh, mi sembrava strano...", lo so, avete ragione, però aspettate la fine no?) terminasse con quell'originale e delicato parallelo tra le due "operazioni" dei due protagonisti e non avesse lasciato con quei pochi minuti finali al gusto di Tornatore che, a onor del vero, non riescono comunque a inquinare tutto il buono messo su celluloide sino a quel punto...Però Patrice, se hai preferito così, rispetto la tua scelta. Concludendo, per capire se il regista parigino è umano o diabolico, non ci resta che approfondire il suo percorso artitico. Perché è davvero strano pensare che non ci si accorga di oltrepassare la porta degli inferi mostrando tutto quello che c'è (o che si vorrebbe): anche per questo esiste la macchina dei sogni...uno puoi salire sul tappeto che preferisce e, se non lo sa guidare (o non ne ha voglia), vorrà dire che scenderà, uscirà dalla sala e tornerà a casa...in taxi.
(depa)

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