Ombrello e protezione...baciami!

Nel 1982, anno della sua morte, Rainer Werner Fassbinder, prima dell'ultimo e complesso "Querelle", lasciò all'arte cinematografica un bianco e nero di raro fascino, una pellicola pervasa di angoscia e di tenerezza: "Veronika Voss", Orso d'oro 1982.
La scena iniziale del film è disarmante per perfezione formale e forza estetica, musica, fotografia, luci e movimento macchina: tutti i soldati della Settima a rapporto. Veronika nel bosco, la pioggia che scende pesante e chiara, il dramma di Veronika nei suoi gesti, nella sua corsa, Robert un po' in disparte, l'incontro, i sorrisi di lei, lo sguardo stupito di lui, quella strana corsa sul tram...
E per tutto il film il rigore artistico sarà mantenuto su livelli da bocca spalancata.
Non è Fassbinder quello che ci passa davanti agli occhi.
E' la solita prova, a sé e agli altri, che lui può fare ANCHE quei film lì, come I Grandi. E come se lo sa fare. Credo che la forza delle immagini di "Veronika Voss", vere e proprie gemme cinematografiche (fredde e perfette) che ci portano "la mano" dell'autore, è amplificata proprio dalla loro contrasto col tragico magma esistenziale sotterraneo dell'opera, col sentire autentico e privo d'illusione che s'insinua tra gli eleganti fotogrammi; è ciò che non si vede, ma si percepisce doloroso, che ci porta il grido del regista o, se vogliamo, il suo cuore.
Veronika Voss è un'altra Gloria Swanson, come a miliardi ce ne sono, come tutte lo sono, come tutti lo siamo. E' la situazione che sceglie per te, che decide se schiacciare il pulsante che aprirà la botola del tuo malessere. Se non passi qualche minuto della vita a forgiarti una benché minima corazza, ma vai con pelle viva all'aria aperta, sarai carne da macello. Veronika non è certo vittima della subdola (ma quanto?) neurologa, non deve fronteggiare la morfina per risollevarsi; ha un'unica, gigantesca ed imbattibile nemica: se stessa. L'effetto dell'amore di Robert (ma quanto?) ha la stessa durata di una dose. La tragedia si consumerà, ineludibile, perché il desiderio di Veronika del titolo, desiderio di calore, Fassbinder ce l’ha spiegato, può essere appagato solo nella morte.
Rosel "Veronika" Zech e Hilmar "Robert" Thate, i due protagonisti, offrono una prova straordinaria, alla fotografia c'è, evidentemente, un dio del mestiere (Xaver Schwarzenberger, "Lola", "Querelle de Brest"...); Fassbinder, sa che sta per venire fuori un diamante luminoso, come quei cristalli che ragalano giochi di luce indimenticabili, e questa volta vorrebbe, quasi quasi, sedersi anche lui, tra il pubblico, a guardare l'effetto che fa...(e li avrà guardati eccome, pieno d'orgoglio, tutti lì, ben disposti, alla festa per Veronika, come in un quadro sontuoso).
Dopo questo film, Fassbinder, cercherà di spiazzare tutti, riuscendoci, un'ultimissima volta, con "Querelle de Brest". Poi basta, l'emorragia tra i fotogrammi del suo cinema, si prese la sua anima tutta.
(depa)

2 commenti:

  1. E da lassù avrà sorriso anche alla visione delle due dementi impellicciate, 130 anni in due (gettati nel cesso, oltre che in prima fila), che ieri sera al Teatro della Corte sono uscite scandalizzate dalla sala a metà spettacolo (dopo un'ora di parlantina smarrita nella ricerca di una comprensione impossibile). Orgoglio anche dell'autore della pièce ispirata a RWF, lo stabiese classe '67 Antonio Latella, e dei determinati interpreti.

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  2. Per la precisione: "Ti regalo la mia morte, Veronika", ispirata al film in questione.

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