Esordio di Ciprì solista

Ieri sera, fresco fresco di Festival di Venezia, è uscito nelle sale il primo lungometraggio diretto dal palermitano Daniele Ciprì, "È stato il figlio". Il regista, classe 1962, ci racconta in maniera ironica (non per questo non realistica) una storia tutta palermitana che racchiude in sé molte luci e ombre dell'affascinante città siciliana.
Il film è di genere grottesco, tutto è accentuato, le espressioni caricate (la telecamera si appicca ad esse), i luoghi comuni sottolineati, quindi la visione scorre gradevole e senza intoppi, accompagnata da una buona fotografia, in perenne ed accattivante "giallo-seppia", e dalle gag messe in scena dalla simpatica, sfortunata ed ingenua famiglia siciliana.
La pellicola non è esente da difetti: quando finalmente arrivano i soldi il canovaccio si adagia, il ritmo ne risente, e soprattutto la finalissima sequenza (con la m.d.p. che, su musica tragica, plana sul cortile) stona molto, dando la sensazione di un'antipatica mossa, disonesta, per accompagnare l'uscita dalla sala con un'impressione più...alta (o per far sì che, accanto a "grottesco", possa comparire "drammatico", se preferite).
Però ci si diverte (Servillo molto bravo e "la nonna", Aurora Quattrocchi, maschera azzeccatissima nel finale; se è esagera è colpa della sceneggiatura, un po' dilungata in quel frangente) e si ha l'occasione di vedere un tentativo italiano in questo genere ancora inesplorato nel nostro paese.
Il risultato ditemelo (anche) voi.
(depa)

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