La prima ossessione di Antonioni


Questa sera, sul grande schermo dello Spazio Oberdan, è stato proiettato il primo lungometraggio del regista ferrarese Michelangelo Antonioni: "Cronaca di un amore", del 1950, descrive l'andamento sinusoidale della convinzione e del disincanto che accompagna quasi sempre una travolgente storia d'amore.
Non può non venire in mente un parallelo servito su un piatto d'argento e a cui, io pollo, abbocco subito (ma i polli abboccano? Semmai faccio la carpa): il primo di Visconti, "Ossessione", e il primo di Antonioni, questo. Entrambi con Massimo Girotti (nel primo, del 1942, l'ossessione era la carnale e popolare Calamai, in "Cronaca di un amore", la delicata e aristocratica Lucia Bosè).
In questo primo lavoro del regista è possibile già notare la sua particolare attenzione alle emozioni, alle reazioni di chi si muove sullo schermo; la telecamera, a volte, pare braccare furiosamente i due protagonisti, accanirsi sadicamente sui due individui che di gestire il loro amore non ne vogliono sapere e, in ogni caso, non ne sarebbero capaci (solo il caso eviterà loro il peggio, ma non il finale).
Lucia "Paola" Bosé, prima stupendo luminoso collier, poi travolgente e disperata predatrice, è molto abile nel restituire al pubblico una donna che ormai è una macchina in corsa senza controllo.
Particolare emozione può dare il vedere il film a pochi metri dalle vie in cui è ambientato (passeggiata nel parco di Porta Venezia, Indro Montanelli, osservatorio astronomico -> piazza della Repubblica); ma a tutti dovrà far piacere vedere i primi splendidi passi di un regista a cui ogni amante della Settima deve molto.
(depa)

1 commento:

  1. Una pellicola intrigante fin dai primi momenti. La vecchia compagna di scuola di Paola lascia infatti pochi dubbi sul fatto che la sua “partenza strana, improvvisa” , come osservato dal custode della scuola, non sia realmente ed effettivamente stata tale e la meticolosità dell’investigatore privato, assunto dal marito per scoprire gli “altarini” della moglie, è pari alla curiosità dello spettatore.
    La tensione emotiva è sempre bella alta anche grazie ad una scelta magistrale dei piani sequenza.
    La cinepresa di Antonioni è sempre perfettamente sul pezzo, alle volte sembra accompagnare e altre inseguire i due protagonisti nelle loro vicende che narrano di un amore ossessivo, passionale e impulsivo, capace di tutto, tranne che di essere vissuto.
    Effettivamente è stato molto piacevole “vedere i primi splendidi passi di un regista a cui ogni amante della Settima deve molto”.

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