Con Mario non si è mai "disperati"

Poco più di un anno fa mi imbattei per puro caso in questa pellicola, semplicemente attratto dal titolo "Cari fottutissimi amici" (1994). Restai piacevolmente sorpreso quando, al passaggio dei titoli di testa, scoprii che la regia era di un certo Mario Monicelli e, alla fine della visione, ne rimasi estremamente affascinato. Mi ripromisi di rivederla e ieri sera, al secondo incontro, tra me e lei è scattato l'amore.
Siamo nell'agosto 1944 a Firenze. La guerra è finita e la città è stata liberata, ma tra le macerie e per le strade si spara ancora e povertà, fame e carestia sono ancora presenti per tutta la popolazione. In questa situazione decisamente disperata, un gruppetto di ragazzi, capitanata e guidata da Ginetto Parodi detto "Dieci" (il grande vecchio cuore blucerchiato Paolo Villaggio), un ex-pugile sulla cinquantina che si è reinventato organizzatore di rappresentazioni di incontri di boxe, gira per i paesi delle campagne fiorentine su uno sgangherato furgone a caldaia con lo scopo di ripromuovere lo sport nel paese e soprattutto di racimolare qualche soldo e qualcosa da mangiare per tutti.
Questa situazione molto scomoda e parecchio precaria viene vissuta dal gruppo a ritmo di Charleston e Jazz (musiche di Renzo Arbore) con uno spirito goliardico e positivo che viene trasmesso dalla loro continua voglia di scherzare, che si capisce fin da una delle primissime scene nella quale improvvisano uno scherzo ad un centinaio di persone affamate con uno stile che riporta facilmente la nostra mente ad altri scherzi di un altro ben più celebre gruppo di amici di Mario, mentre per il signor "Dieci" tutte le disavventure che incontrano lungo il viaggio sono "esperienze eccezionali" di cui fare tesoro e da vivere di conseguenza con serenità e col sorriso...
"Erano tempi speciali, quelli lì: i più brutti che possono capitare a una generazione. Anche se ora, a riparlarne, mi trema la voce dalla nostalgia. E non solo perché si aveva vent'anni. Adesso che è passato tanto tempo, che sono quasi vecchio e non mi piace più nulla, ho capito perché: forse sopravvivere è meglio di vivere."
La voce fuori campo è quella di un grandissimo Massimo Ceccherini (Gino Martini nella storia) che ci racconta le vicende dei suoi compagni di viaggio e le impressioni che ne ricevette e, forse per la prima volta nella mia vita di appassionato di cinema, attraverso la sua fantastica interpretazione mi sono reso conto di quanto una sapiente regia possa influenzare in positivo la capacità di recitazione di un attore.
Sceneggiatura originalissima condita da un degno finale, paesaggi e scenografie bellissimi, recitazione ottima da parte di tutti i protagonisti, colonna sonora perfettamente coordinata col ritmo e la trama, insomma, a me questa commedia piace di brutto! In certi passaggi fa anche pisciare addosso dal ridere! Un film che, soprattutto un appassionato del genere, deve assolutamente vedere!
(Ste Bubu)

1 commento:

  1. Forse non così entusiasta di questa, però qualcosa da salvare c’è. Qualche gag mi è parsa un po’ datata, ma un’atmosfera dolce-amara, tipica del Maestro, e una recitazione, come hai detto tu, mantenuta sorprendentemente in piedi, per quanto possibile. Non adoro Ceccherini ma qui non è mai troppo invasivo, i tempi sono abilmente distribuiti tra i membri della banda.
    Interessante qualche testimonianza storica, come le prime "novità culinarie" provenienti dalle casse degli Alleati.
    L’accento genovese di Villaggio e le colline toscane aggiungono quel qualcosa in più che permette di raggiungere la sufficienza striminzita.

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