"Tarantini" sudcoreani crescono?

Ieri sera il Cinerofum si è leggermente ripopolato. Albert Aporty da Faenza è ricomparso. E con una bottiglia d'ottimo Porto! Incredibile. E la Elena ha preparato una torta di "fichi, cannella nocciole e scagliette di cioccolato fondente"!? Senza senso. L'occasione è buona per vedere se il regista sudcoreano Park Chan-wook ha fatto ulteriori passi avanti dopo il suo primo capitolo della cosìddetta "Trilogia della Vendetta": un anno dopo mr muscolo, nel 2003, uscì "Old boy", ma il passo forse è all'indietro.
Senza esagerare eh, il film può essere visto in pieno relax; già sento ragazzi fuori dal McRoland asserire che è "film della madonna", ma senza arrivare a nessuno dei due estremi, può bastare dire che questo regista non è un incapace, ma nemmeno ha scelto la strada di un cinema troppo coraggioso, percorrendo con una certa eleganza il filone dei film cupi, "emo" si direbbe oggi no?, tanto caro (e redditizio) al Sud-Est Asiatico. Ma questo l'avevamo già detto per il primo capitolo della suddetta trilogia.
E, forse, un po' ci cascammo anche noi tre, Io, Mino e Ueza, uscendo dall'Odeon di Corso Buenos Aires...ormai 9 autunni fa; però ricordo anche qualche critica, oltre alla ormai celeberrima di Ueza: "Con voi due al cinema non ci vengo più".

La forza di questa pellicola sta nel mantenere una certa poesia di fondo che appare non ricercata, costruita, ma spontanea, nel raccontare una folle storia di odio e violenza. Non so se sia "roba tutta coreana", ma dopo aver visto il recente "Pietà"...ecco, ora come ora, Chan-wook è un Kim K. per ragazzini (anche se dallo stomaco irsuto). Si prenda per esempio la scena che, come ha fatto Albert in sala, può essere definita come "epica", in cui il protagonista affronterà "orizzontalmente" più di una ventina di avversari...per quanto surreale e tirata, lo spettatore finisce col partecipare alla sua fatica e ad apprezzare il risultato finale (del regista).
Film, non certo il primo ma tra i più estremi, che punta tutto sul "perché" più che sul "chi", facendo coincidere la rabbiosa ricerca del protagonista con la ben sostenuta curiosità dello spetttatore.
Musica usata con efficacia e inventiva coraggiosa (il regista ha sentito gli archi di Aronowsky) e buone inquadrature dalle facili geometrie, oltre a qualche originale dissolvenza (conosce a menadito il cinema di Tarantino); proprio nella trama, alla fin fine il piatto su cui la cucina puntava di più, il film mostra il fianco, per quanto agghindata, si rivelerà semplice e prevedibile.Dopotutto, dopo un terzo di pellicola il "chi" sarà svelato, a 3/4 il "perché", e tutto ciò che rimarrà sarà un mero vezzo del regista per quanlche ultimo esperimento. Non detestabile, di certo (è pur sempre un "Gran Premio della Giuria" a Cannes 2004), ma nel complesso un film mediocre, più di quanto ricordassi.
Diciamo che prima di questo cinema deve essere visto tutto l'altro.
(depa)

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