"Il nostro giorno verrà!"

Dopo aver "smontato" Ken Loach per il suo ultimo film "La parte degli angeli", mi sono sentito in dovere di riguardare e recensire “Terra e libertà” per riabilitarle il regista ai miei occhi e nelle menti di chi sta leggendo queste recensioni. Questa pellicola del 1995 è un inno alla rivoluzione e a delle ideologie, per quello che è il mio pensiero, supreme. Ispirato a "Omaggio alla Catalogna" di George Orwell, fu vincitore di vari premi trai quali spiccano il Premio "Fipresci" Premio della giuria ecumenica del Festival di Cannes e l’European Film Award come miglior film.
Alla morte di David Carr (Ian Hart), un operaio inglese di Liverpool, la nipote rovista trai ricordi del nonno trovando vecchi articoli di giornale riguardanti la guerra civile spagnola, lettere, cimeli ed un foulard  rosso contenente della terra. Attraverso questi ricordi ripercorre la storia del nonno tornando nel 1936, quando è in corso la guerra in Spagna.
Lo sceneggiatore Jim Allen e il regista Ken Loach, attraverso la storia di David, ci portano sulla prima linea di questo conflitto e ci trasmettono le sensazioni che provavano questi veri rivoluzionari. Veri perché combattevano per la libertà di tutti e non per il proprio paese, veri perché erano uomini e donne e non un esercito ufficiale, ne sostenuti da una qualunque istituzione (anzi, sarà il "fuoco amico" comunista ad annientarli), veri perché credevano così a fondo nei loro ideali e nella rivoluzione da superare qualunque difficoltà e dal riuscire a metterla sempre al primo posto nella scala delle proprie priorità. La rivoluzione veniva anche prima della morte di un compagno, anche se questo era anche il compagno di vita, come nel caso della co-protagonista Blanca (Rosana Pastor), anzi, nelle situazioni di difficoltà trovavano la forza, un nuovo motivo per resistere, perché si stava lottando per il bene di tutti, per un mondo migliore per tutti ed è meraviglioso come questa pellicola voglia dimostrare che, con un obbiettivo del genere, ai loro occhi a portata di mano, l'essere umano in realtà non sia per niente individualista, al contrario di quello che è il principio base di questo sistema (capitalista) e che, di conseguenza, ci vogliono far credere da sempre.
Il soggetto e la sceneggiatura di questo film mi hanno totalmente ammaliato. Ho ancora in testa l'ultima frase letta dall'ultima lettera di David, nell'ultima scena ambientata nel 1936 (personalmente avrei chiuso il film con queste parole): "...la rivoluzione è contagiosa e se qui avessimo vinto come avremmo potuto, avremmo cambiato il mondo, ma non ha importanza: il nostro giorno verrà!"
Ken Loach magari non saprà far ridere, ma sa far riflettere.
(Ste Bubu)

1 commento:

  1. Commistione di lingue. Lo stesso grido tradotto, trasportato attraverso i Pirenei e tutte le frontiere, in vari idiomi. I diversi dialetti sono quelli dell'ideologia rivoluzionaria.
    Tanti uomini, aumenta forza. Tanti uomini, aumenta anche la difficoltà.
    Ci vorrebbero anni, letteratura (infinita) e cinema (poco, tutto sommato); in meno di due ore, al regista che viene dal cuore dell'Inghilterra (che regista sommo, forse, non è) si può chiedere solo di accennare ad una storia, storia particolare da cui tutti discendiamo, sia chiaro E che non deve essere dimenticata.
    E' importante aprire uno squarcio sulle divergenze che minarono dall'interno (e lo fanno tutt'ora) la lotta giusta.
    "Terra e libertà" mette in atto una certa semplificazione, pochi scambi di battute, solo i titoli dei capitoli che, nella loro complessità, si svolsero in quegli anni, tra quelle trincee, nelle assemblee improvvisate nei poderi conquistati. Da una parte i comunisti cattivi, dall'altra quelli bravi. Di facile fruizione un film corre a sostituire trattati che annoierebbero ma chiarirebbero.
    La tragica sequenza finale della morte di Blanca è il picco cinematografico della pellicola; per il resto pervaso da una regìa piuttosto anonima, un po' come lo sguardo del protagonista. Un film molto significativo; dopo 17 anni, ho provato le stesse emozioni di quella prima visione durante le immagini iniziali (documenti storici e canti rossi). Quasi una generazione, d'altronde, a rifugiarsi in esso per trovare stimoli e non assopirsi, per stare all'erta. Pelle d'oca ancora ieri sera in sala Uander, ad ogni canto rosso, ad ogni punto alzato; inevitabile.
    Ma i punti deboli della pellicola ci sono. Anche senza porre sul banco la scena del foulard rosso (terribile; eppure ai tempi saltai in piedi!), che mostra come Loach, al solito, ricorra ad una retorica di lega povera quando si ritrova smarrito d'idee.
    Ho la sensazione, in questo momento, che l'emozione provata non sia scaturita dalla pellicola non, ma dall'idee cui essa rimanda. Il che è abbastanza grave, poiché "inficia il concetto stesso di cinema, diventa manifesto ideologico".
    Ma va bene così. Di questi tempi, seguiamo il regista inglese, pugno alzato e ¡No pasarán!.

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