Dreyer e la fede

Altro Dreyer, altra stoccata alle religioni; magari il regista danese ne reputa qualcuna un po' meglio di un'altra, ma la musica cambia poco. In "Ordet" (1955, sua penultima opera), un paio di vecchi rincitrulliti si azzuffano sui minimi sistemi, un pazzo si crede Gesù (e alla fine, forse, c'ha pure ragione), una buona donna s'illude che l'amore divino esista (e verrà punita con la morte)...e va a finire che l'unica sana è la bambina che, chissà per quanto ancora, ha una fede tutta sua, fatta più di tenace speranza e sana illusione, che di dogmi, riti e pregiudizi.
Grande Carl Theodor Dreyer. Posso chiamarti CT, sì? Grazie. Mi è piaciuto molto questo tuo film, te lo dico molto umilmente. E lasciamo stare i soliti complimenti sulla tua austera ma funzionale tecnica: lenta lenta lenta la m.d.p., tanto al massimo deve seguire qualche vecchietto che attraversa il salotto, anche un carro diventa lento se lo riprendi tu! Solo i fili d'erba colpiti dal vento sono liberi di andar rapidi (e qui penso, che strano, soprattutto a "Dies Irae") sotto lo sguardo solenne della tua cinepresa. E che chiaroscuri! Eh già, mi rifersico in particolare a quei giochi di luce con cui hai ipnotizzato tutta la sala Merini (all'Oberdan), la scena finale della "resurrezione": quell'aureola che pare circondare il volto della dolce Inger o la luce che dalle finestre va ad incorniciare l'orologio a muro e le sue lancette. Ma meravigliosa è anche la discussione che hai intavolato con eleganza e...ironia (da un soggetto teatrale). Sì, io ho visto molta sfrontata ironia in questo tuo "Ordet": il pazzo Johannes che arriva nei momenti meno opportuni e pare differire dai suo "colleghi" sani, solo per il tono di voce e lo sguardo perso (non così lontano da quello del capo famiglia, comunque), per il resto, le chiacchiere strampalate sono proprio le stesse (mai sentito un sermone in chiesa?). Poi i due antagonisti...è stupendo vederli all'opera! Ma com'è possibile che, ancora oggi (ma spero abbiano le ore contate), ci sia qualcuno pronto ad accogliere parole tanto vuote da non riuscire, a ben vedere e "sul lungo", ad ottenete nulla se non divisione ed incomprensione (se non morte)? Ma cos'è che ottenebra le menti a tal punto da non capire che in nome di una certa parola piuttosto che un'altra si è schiacciato amori, diviso popoli, arricchito potenti e affamato poveracci? Ah già, i valorosi missionari in Africa...
Non so se CT si fosse limitato a pretendere meno fronzoli in nome di una fede più "umana", ma questo è un film dirompente per risultato estetico e semantico. Personalmente, quando Inger s'è mossa, sono esploso manco avesse segnato Del Piero nel "catino" Dortmund (ed è raro...): ma sì, prendili tutti per il sedere quei morti dentro e fuori! Grande CT.
(depa)

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