Dreyer e le casalinghe

Questa sera all'Oberdan è andato in scena un Dreyer particolare, senza audio ma accompagnato dal vivo da un elegante pianoforte: "Il padrone di casa" (o "L'angelo del focolare") è un film muto del 1925 in cui, però, il regista danese parla eccome, sia via didascalie, sia tramite la sua arte sopraffina, elegante ed ironica.
E' interessante vedere questo film di Carl Theodor Dreyer. Non si tratta di un film indimenticabile, la trama è semplice e funamboliche evoluzioni di macchina non se ne vedono (è pur sempre un Dreyer e pure vecchiotto, quindi..), anche se la macchina danza negli spazi chiusi come al solito (poi c'è quel semplice ma efficace montaggio che sostituisce chi spinge dietro alla porta...). Ma permette di respirare il cinema che verrà del regista danese, con qualche diversità. Per esempio, se lo svolgimento è quasi interamente ambientato in interni (così come "Ordet", "Dies Irae", "Gertrud"...), di nuovo c'è che la scenografia è ricca, gli oggetti della casa della povera famiglia, appesi alle pareti e o appoggiati qua e là, ricreano un'atmosfera insolitamente calda e popolare, rispetto alle altre opere del regista. Inoltre, come detto, emerge una dinamicità, sia nei dialoghi sia nei movimenti degli attori, che Dreyer trasferirà, successivamente, nella forza espressiva delle immagini (piuttosto che, appunto, nel montaggio e nei movimenti macchina). Infine, scritto che la sottile ironia del regista è riscontrabile, più o meno velata, in ogni sua opera, in questa commedia dal classico lieto fine Dreyer può dare ad essa libero sfogo, coadiuvato da due attori che riusciranno a dare forma espressiva di prima qualità ai suoi intenti. Il corpulento "tiranno" (Johannes Meyer, più noto come regista) e la vecchia "Nana" sono perfetti, per nulla bisognosi delle frequenti didascalie.
Bel tassello made in Dreyer.
(depa)

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