L'Amarcord della Radio di Woody

Nella folkloristica (un po' freddina) sala genovese di piazza Negri, venerdì notte è stata inserita la VHS di "Radio Days" di Woody Allen, gioiellino del 1987, elegante tributo alla fonte prima delle sue fantasie di ragazzino.
Woody si volta e, con occhio umido di commozione, con filtri appositi e movimenti macchina languidi (lo sguardo nel salotto della famiglia protagonista resta ben impresso nello spettatore), ripercorre la sua adolescenza permeata dai sogni sussurrati o gridati da una scatola marrone che tutti pare ammaliare. Anche coloro che lo rimproveravano di non saper fare altro che stare "davanti alla radio". Ognuno, in casa, nel quartiere, per tutta la nazione, ha il suo momento, la sua trasmissione. E spesso l'ognuno si tira appresso un altro ognuno, via via venendo a formare, nei salotti, nei bar, nelle strade, piccole comunità con comunione d'interesse e d'intenti. La funzione sociale dello strumento radiofonico quindi, ma non solo. Quello viene smembrato nei ricordi che di esso conserva un ragazzo e nelle storie, leggendarie o no, che hanno preso il largo tra gli isolati di New York.
Ci sono personaggi incredibili che ruotano attorno alle trasmissioni radiofoniche: la zia in perenne ricerca di un "degno" compagno al ritmo di una salsa ("Ahiai! Ahiai!"); il cugino a cui viene rivelato, tra un fegatello ed un budino, quale sia il vero oppio del popolo; poi c'è la dolce venditrice di sigarette al teatro dove vengono trasmessi i programmi radiofonici, una Mia Farrow perfetta nella parte dell'eterna sognante.
Il tutto raccontato con tocco onirico leggero, la fantasia di Fellini sempre presente. Cinema elegante, ironico e commovente; perché, a girarsi indietro, un retrogusto amaro ci sarà sempre, anche se la colonna sonora, per ciascuno, fu davvero dolce.
(depa)

1 commento:

  1. Personaggi che raccontano storie e storie che raccontano personaggi.
    In una pellicola che si intitola “Radio days” e nella quale la radio è la vera protagonista, Woody Allen si sente, ma non si vede (…) e ci racconta le emozioni e i sogni di bambino al ritmo dei classici pezzi jazz/blues anni ‘30 e ’40.
    Non mancano i momenti di comicità come la scena in cui madre, padre e insegnante litigano per chi deve picchiare il bambino (mi ha fatto piegare!) e momenti di forte, ma composta commozione, come quando alla radio danno l’annuncio di quella piccola, grande tragedia. Poi c’è l’annuncio dell’entrata in guerra degli Stati Uniti. Poi… La radio scandisce le emozioni dei personaggi (e degli spettatori), che per la maggior parte del tempo sono dolci e delicatamente ritmate come il jazz/blues che esce da quella magica scatoletta che ormai nessuno tiene più in casa e che allora era la vita al di fuori “del proprio orticello” e il sogno.
    Una commedia davvero gradevole e delicatiisssssima.

    Ps: http://www.youtube.com/watch?v=ZJE-onnw2gM

    Pps: siamo nel 1943 e quindi è (storicamente) logico, ma sentire chiamare la Palestina “Palestina” da tre bambini ebrei, compagni di scuola ebraica, fa un certo effetto…

    Bella Woody e alla prossima!

    RispondiElimina