Dopo la delusione “Educazione siberiana” di domenica
pomeriggio, la mia voglia di un film di Gabriele Salvatores era rimasta
insoddisfatta così, ieri in prima serata, mi sono buttato su una sua pellicola
del 1990 di cui mi avevano parlato bene circa due anni fa e poi era finita nel
dimenticatoio. “Turné” è una
classica (ottima) commedia (all’) italiana nella quale il sorriso e i buoni
sentimenti la fanno da padroni.
Non so cosa abbia spinto il regista napoletano a cambiare
genere e “impostazione”, ma, a mio parere, dovrebbe fare una bella retromarcia
e tornare immediatamente sui suoi passi, per lui e per noi. Al giorno d’oggi infatti, sempre a mio parere, (soprattutto)
in Italia non c’è più nessuno che sappia scrivere e dirigere la sceneggiatura
di una commedia che non sia già preconfezionata con battute demenziali, belle
fighe e zero contenuti e allora un Salvatores potrebbe essere un piccolo
scoglio a cui l’amante del genere, come il sottoscritto, potrebbe e dovrebbe restare
attaccato.
Il viaggio come sfondo di una storia che va ad indagare i
buoni sentimenti come l’amicizia, l’amore e il perdono erano già stati i punti
fermi del precedente “Marrakech Express”, ma in quella pellicola Salvatores si
era concentrato sul rapporto d’amicizia di un gruppo, una vecchia compagnia,
mentre in questo film si indaga il rapporto tra una coppia di amici, mostrandoci,
in primis, quello che una donna può combinare se “si mette nel mezzo” senza,
tuttavia, demonizzarla.
L’amore è un sentimento irrazionale e incontrollabile e il
fatto che Vittoria (Laura Morante) sia innamorata contemporaneamente dei due
amici fraterni Dario (Diego Abatantuono) e Federico (Fabrizio Bentivoglio), dando
vita al più classico e scomodo dei “triangoli”, ha una spiegazione più che
logica che sta nel grande affiatamento e complementarità che c’è trai due e
nell’evidente fatto che non è lei ad avere un problema, ma i due vecchi amici
che non hanno ancora trovato un loro equilibrio e un’identità personale ben
definita.
Dice tutto la scena sulla spiaggia con una, secondo me, gran
bella ripresa di Vittoria in primo piano, Dario leggermente dietro e Federico
ancora un po’ più indietro, che arriva nel momento più di rottura trai due, scena
nella quale Vittoria, sconsolata e affranta, tra se e se, chiede: “Perché
perlomeno non mi dite che è colpa mia?”
La vita è piena di trappole per un sentimento come
l’amicizia, trappole dettate dal sistema, come la competizione nel mondo del
lavoro che ci hanno iniettato nelle vene da piccoli e, volenti o nolenti, fa
parte di noi, e la competizione, molto più naturale, che può scatenare l’amore
per una donna, se il cuore di due amici batte per la stessa persona, ma si può decidere di smettere e chiuderla con un “pari e
patta” quando si vuole: dipende solo dal valore che si da al sentimento più
puro e forte, se indissolubile, qual è l’amicizia.
I tre attori offrono buone prestazioni e il film non manca
di regalare emozioni di vario genere. La colonna sonora è ottima e dà più forza a molte scene e,
in particolare, “Rimmel” di De Gregori in quel momento della pellicola ci sta
di brutto e la scelta della canzone di chiusura che prosegue sui titoli di
coda, secondo me, è perfetta. Degna di nota anche una piccola e divertente
comparsata di Claudio Bisio in versione “scassa-minchia gratuito” nel momento
più di tensione per Dario.
Salvatores, in questa pellicola, sembra anche aver fatto le
prove generali per “Mediterraneo” (che sarà il suo film successivo) mostrandoci
dei gran bei panorami (in Umbria su tutti, ma io sono di parte), capendo che se
i posti sono già di per se meravigliosi, non servono grandi alchimie per
ottenere un ottimo risultato a livello di immagini.
Un film meno potente di “Mediterraneo”, ma che merita
sicuramente di essere visto.
Salvatores, ti prego, ascolta il consiglio di uno che ha
visto quasi tutti i tuoi film e a cui fa piacere credere che un po’ di cinema,
arrivato a sto punto, se ne intenda: lascia perdere l’America e torna
immediatamente alla commedia made in
Italy! Con tutto il rispetto e la stima per “Nirvana”, è da sempre la cosa
che ti riesce meglio.
(Ste Bubu)
Non c'è che dire, mi sono divertito. Il solito mattatore Abatantuono (oh, mi fa morire) tiene alto il ritmo e gli altri possono stare a guardare. Ma tutto sommato, non accade. I compartecipanti fanno il loro, in accordo con l'atmosfera. Sono d'accordo sulla bella scena in spiaggia (soprattutto per il panino in al cuore dell'inquadratura), meno sul fatto che la terra basti da sé, cinematograficamente parlando, ovvio. Perché la m.d.p. può stare in infiniti punti e la luce si fa i fatti suoi. Salvatores, almeno quello (quel doppio strato di "Rimmel" proprio, è di troppo), lo sa fare: bell'Italia, gliene si deve dare atto. Un "Molfetta-Hollywood, via Potenza", panzerotto road-movie, che semina battute inamovibili ("Fede, delle volte è meglio prendere un pugno in faccia oggi, che un uovo domani"
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