L'amore gira

Secondo incontro col regista tedesco Max Ophüls. Dopo aver visto dell'amore non corrisposto, questa volta è il turno dell'amore di entrambe le parti; non quello profondo, annullante, bensì superficiale, costretto dalla forza centrifuga della giostra a risiedere lontano dal cuore, ad ammaliare lungo il cerchio esterno con figure che, sovrapponendosi a gran velocità, rappresentano una realtà che non è. "La ronde" è un film del 1950.
Sin dalla primissima meravigliosa sequenza iniziale, si ritrova lo stile del regista tedesco, conosciuto già nel "Lettera da una sconosciuta" di una settimana fa: gli affascinanti molteplici piani di Ophüls riempiono la scena, lo schermo è affollato, gli orpelli e parole a colmare il vuoto riversato dai personaggi. Tutto il barocco, il costruito, il falso fascinoso dell'amore brutalizzato, meschino (ne esiste un altro?)...quello però che fa girare la ronde, motore universale molto più che qualunque alta dottrina. Quando la giostra si guasta , tocca chiacchierare.
Pellicola leggera e ironica ("- Che ore sono? - Boh - Ah pensavo più tardi"), elegante e dinamica. Scabroso nel 1950, sfilata di cavalieri e cavalline interscambiabili, sì scontrò pure con l'intelligentissimo Andreotti (che gli italiani non avessero compreso la delicatezza si capisce anche dal titolo, solenne e privo di fantasia, affibbiato alla pellicola: "Il piacere e l'amore").
In realtà la pellicola è un velo (il deus ex machina Anton Walbrock è indimenticabile), che non urta i cristalli e le chincaglierie sparse sul proscenio. La "vertigine" d'amore, lo sbandamento che sempre s'accompagna ad una curva bagnata affrontata a folle velocità, sono espressi con alcune inquadrature oblique che sanno di coraggio disinvolto, quasi sfrontato. "Valzer da presa" che riesce ad innalzare il basso e frivolo istinto orgasmico.
Grazie al Cineclub Lumière di Genova per avermi posato, vent'anni fa, questa piacevole longeva pulce nell'orecchio e, al Circolo Familiare di Unità Proletaria, per averla rimossa.
(depa)

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