Mario Mario Mario leon leon leon!

Nel 1966 uscì nelle sale “L’armata Brancaleone” di Mario Monicelli, da molti considerato come “il capolavoro assoluto del regista”, vincitore di tre nastri d'argento, presentato in concorso al 19’ Festival di Cannes e soprattutto… proiettato venerdì notte in sala Ninna!

La pellicola parte alla grande già prima che la storia cominci, grazie alle animazioni realizzate dal zeneize  Emanuele Luzzati che passano durante i titoli di testa e che, insieme alla “marcia del Cavaliere Brancaleone” (brano di Carlo Rustichelli che chi frequenta una qualunque gradinata d’Italia conosce per forza), fanno da introduzione a questa gradevolissima commedia in costume medioevale.
La trama narra le vicende del Cavaliere Brancaleone da Norcia, un cavaliere non proprio tutto d’un pezzo, anzi un po’ “sgangherato”, ma convinto e fiero delle sue origini e della sua forza, un po’ meno dell’obbedienza del suo destriero Aquilante, cavallo dal nobile mantello color giallo canarino che, ogni volta che il suo padrone gli da un ordine, si fa allegramente i fatti suoi!?!
Con la sua “armata”, Brancaleone ha l’obbiettivo di raggiungere e prendere possesso del feudo di Aurocastro in Puglia, secondo quanto dettato in una misteriosa pergamena imperiale scritta da Ottone I il Grande e si capisce subito che non sarà un itinerario privo di momenti di grande comicità: il Cavaliere dà il via al viaggio in tono solenne (“avanti miei prodi!”), parte e con lui le musiche e le parole della “marcia”, ma tutti restano fermi a guardarlo con uno strano punto interrogativo in testa… stava andando dalla parte sbagliata!?!
Gli attori sono di prim’ordine e questo, insieme ad una sceneggiatura piena di incontri, avvenimenti e momenti comici (mi ha ricordato un po’ il viaggio verso la Spagna del più recente “Non ci resta che piangere”), è il punto più di forza della pellicola.
Il solito spettacolare Vittorio Gassman, nei panni di Brancaleone, offre un’interpretazione direi teatrale, satira dell’epica, irresistibile dal punto di vista comico e ha al suo fianco delle degnissime “spalle” come Gian Maria Volonté, il vecchio Carlo Pisacane (conosciuto dal sottoscritto ne “I soliti ignoti”) e l’allora giovane, bella e brava Catherine Spaak, solo per citare i nomi più noti.
La pellicola non offre particolari spunti di riflessione. C’è certo un'“analisi” dell'Italia (del 1966) che viene rappresentata pezzente, imbrogliona e, al tempo stesso, capace di gesti eroici, ma sono contenuti “all’acqua di rosa” per questa che è, a mio parere, soprattutto una pellicola d'intrattenimento, ma di grandissima classe che non perde neanche durante le gag di comicità demenziale presenti nella sceneggiatura, a differenza di quello che succederà ai film suoi simili che verranno.
Personalmente ho apprezzato di più altri lavori del regista e sceneggiatore toscano (“Amici miei”, “Un eroe dei nostri tempi” e “I compagni”) perché più ricchi di contenuti, spunti di riflessione e complete d’emozioni di polo opposto che si intrecciano e sovrappongono e, di conseguenza, non sono d’accordo nel considerare questa pellicola “il capolavoro assoluto del regista”, ma è sicuramente, oggettivamente, un altro dei tanti capolavori presenti nella lunga filmografia del compianto grande maestro Mario Monicelli.
(Ste Bubu)

1 commento:

  1. Divertente, interessante, avvincente. E' un ottimo film che ricrea alla perfezione questa favola di sgummuriati, permettendo allo spettatore di fare un tuffo esilarante in quell'epoca così diversa dalla nostra ma nemmeno poi tanto, coi suoi linguaggi e personaggi affascinanti.
    Ecco i personaggi: autori ed attori hanno messo in piedi uno spettacolo indimenticabile. Le due figure principali (Gassman e Volontè stratosferici) sono insuperabili. Il vecchietto "giudio", il santone, il veneto teutonico solo nell'accento...tutti assieme in sinfonia recitatoria.
    Un "on the road" ante litteram, senza dubbio, che non impedisce a "Il Maestro" di realizzare anche sequenze ricche di suggestione (la "falciatura" del grano, l'armata sull'orizzonte di un crinale collinare e la dolcissima scena del ricongiungimento di Aquilante).
    Da vedere al più presto. Davvero.

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