Prendere la malattia alla leggera

Non so come sia capitato nella mia videoteca questo “50 e 50” del 2011,  ma ieri sera dopo una botta di grande Settima Arte e rabbia con “Sciopero!” di Ejzenštejn (rimando per i “nuovi” cinerofumiani: guardatelo e leggetevi la recensione di Depa), in seconda serata di un piovoso venerdì dedicato al cinema, ho pensato che un salto nel buio in una commedia americana moderna ci poteva stare. Mi è andata bene: diretto da tal Jonathan Levie e sceneggiato da il signor Will Reiser, questa pellicola direi che si merita un’ampia sufficienza.

Le emozioni vengono gestite bene e sono variegate in questo film che si rivelerà una commedia drammatica. Le risate non mancano grazie soprattutto al coprotagonista Seth Rogen, già conosciuto dal Cinerofum in “Strafumati”, sempre goffo, ma sicuro di se, come nel suo personaggio del sopracitato film del  2007, però l’argomento è serio. Si tratta della storia di Adam (Joseph Gordon-Levitt), un ragazzo di 25 anni, prudente e quasi salutista, con un buon lavoro ed una bella fidanzata, che scopre di avere un cancro che le statistiche danno al 50% come tasso di mortalità (da qui il titolo). Il film racconta le emozioni che vive lui, la madre, il suo miglior amico, la fidanzata e la sua giovane psicologa e come questa notizia cambia loro, le loro vite e i loro rapporti e la sbandata sulla lacrima facile o la banalità è in agguato, ma direi che scorre tutto liscio.
Non ho capito un “virtuosismo” di un’”immagine doppia” a circa metà film e la regia non mi ha dato spunti, ma i personaggi sono equilibrati, la storia anche e le emozioni si susseguono ben calibrate e ordinate.
I personaggi più interessanti sono sicuramente quello del miglior amico Kyle (Seth Roger), sconclusionato e un po’“scemotto”, ma pieno di sincero affetto per il protagonista e quello della giovane (tirocinante) psicologa di sostegno Katie (Anna Kendrick), con la quale Adam instaura un rapporto particolare e profondo. Umanità “scorretta” e divertente uno e umanità “composta” e commovente l’altra. L’argomento della morte viene affrontato con naturalezza e sincerità.
Piacevole.
(Ste Bubu)

2 commenti:

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  2. Non male. Questa pellicola, che ti è giunta grazie ad una soffiata di un mio collega, secondo me non dovrebbe essere sottovalutata. La carne al fuoco scotta e fa un male cane. La possibilità di sbandare, come hai scritto anche tu, è sempre dietro l'angolo in questi casi e, se un regista riesce a rimanere in carreggiata, i complimenti sono doverosi.
    Nel film si ride qua e là, ma chi la fa da padrona è l'angoscia legata a questa malattia che caratterizza la vita e la morte degli ultimi decenni. Gli attimi davvero tosti sono parecchi. Non so se sia stata la delusione per il derby (anche se il vero conto si fa a Maggio...), ma i nervi erano davvero sensibili, ieri sera, in sala Uander. Elena no so, ma per rimanere il più duro del divano ho dovuto faticare abbastanza.
    E poi c'è la madre che s'avvicina al figlio, finalmente in odor di coccole sincere; c'è il sorriso della dolce psicanalista nel sentire al telefono la voce del suo nuovo amore; poi ci sono i secondi prima dell'operazione...il regista è riuscito a creare l'empatia necessaria per sentire quei secondi, durante quella notte, quel tragitto in auto con l'amico, la richiesta di qualche secondo perché, dopo l'anestesia, chissà...
    Insomma si ride e si scherza, ma il cancro è ben presente, maledetto grumo nero di questi tempi del cazzo. Una ricetta per affrontarlo non c'è. Ma per raccontare una storia ad esso legata, forse sì; quella seguita dallo statunitense Levine e dai due simpatici protagonisti è un buon punto di partenza.

    Tra l'altro ieri era proprio il compleanno di Seth (classe '82, Vancouver). Auguri Seth, sei l'idolo!

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