Quando Amleto s'inkazza

Venerdì scorso, all'inizio di uno dei week end cinematografici più "potenti" che ricordi, in sala "Santa Brigida", ho avuto l'occasione di vedere "Amleto si mette in affari", pellicola del 1986 di Aki Kaurismäki, che permette di cogliere, una volta di più, l'acutezza e l'originalità dell'opera del regista finlandese.
Questa rivisitazione di un classicissimo in chiave moderna (cazzata: l'opera shakespeariana nasce già chiave moderna universale), per chi apprezza Kaurismäki, è un goloso pasticcino. L'occhio del regista aggiorna le corruzioni, i disvalori sono al passo coi tempi.
"Visto che sono Dio" dice laconico Amleto, preparando la riscossa; il suo piano è diabolico e, uscito dalla riunione a cui gli operai non possono partecipare, parrà impazzito. L' "Amleto" di Kaurismäki è anticapitalista (ancor più del suo avo di circa 400 anni fa) e non permetterà che la fabbrica venga smantellata per avviare la produzione di paperelle gialle. Ma non basta: Amleto è svuotato, senza spinta, non ha più voglia di fare sport!
Di fronte ai personaggi classici del regista, in giacca e cravatta, sempre imbarazzati, sempre goffi, schiacciati da princìpi sconosciuti, qualche sorriso sfugge allo spettatore, che dimentica per un attimo i pesanti ed opprimenti (illuminanti!) universali di Shakespeare. Ma i suoi complessi scavi nell'intimo dell'uomo emergono eccome, in quest'opera altrettanto raffinata. Complesso, infatti, è anche realizzare un film di questo tipo, in perenne equilibrio danzante sul filo della rivisitazione, oscillante tra fedeltà all'originale e invenzione (l'interpretazione ci dev'essere sempre). Murdock è interpretazione, aggiornamento doveroso, i kontrappunkt (topos kaurismakiano) e una radio sfasciata in testa è invenzione.
Feroce era uno, feroce è anche l'altro. Oggi, come ieri, dopo i morti ci si interroga sulle possibile ripercussioni sull'azienda. Gli attori, la mitica famiglia di Kaurismäki (a cui ormai, io e Marigrade, siamo affezionati come amici di vecchia data) non potrebbero essere sostituiti. L'Ophelia della Outinen è acqua gelata e la sua discesa nella vasca (momento artistico e drammatico notevole) è davvero un finale; il finale della ragazza di ogni epoca, racchiusa nel proprio senso di inadeguatezza, male di vivere senza tempo, né temperatura.
L'odio fa terra bruciata; che la sua catena avrebbe avuto infiniti anelli, Shakespeare ce lo suggerì, il regista finnico ce l'ha mostrato.
J'adore ghiacciato Kaurismäki.
(depa)

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