Caccia al voto per la libertà

Era uno dei film più attesi all’ultima rassegna dei premi Oscar e, alla fine, “Lincoln” (2012) di Steven Spielberg si è portato a casa due statuette: miglior attore protagonista a Daniel Day-Lewis e migliore scenografia.
Due premi decisamente meritati, ma nel suo insieme la pellicola non mi ha entusiasmato.

Si tratta di un film storico-biografico e la trama si riduce sostanzialmente a raccontare la frenetica e importantissima “caccia al voto” del Presidente repubblicano per far passare il tredicesimo emendamento ovvero l’abolizione della schiavitù in tutta la nazione.
Attraverso questo pezzetto della lunga storia di uno dei presidenti più significativi degli Stati Uniti, si indagano i suoi ideali, il suo temperamento e il suo lato umano.
Parte bene il film con una scena della guerra civile in atto nella seconda metà del diciannovesimo secolo decisamente ben proposta e una buona entrata in scena del protagonista.
La mia ignoranza riguardo quel periodo storico è abbastanza abissale, ma sono venuto a sapere (da una fonte non confermata) che la storia è riprodotta fedelmente a parte un’inesattezza sulla distribuzione finale dei voti a favore o contro, di un partito (non ricordo quale), atto probabilmente a tenere alta la tensione al momento della votazione finale. Se così fosse, peccato mortale o licenza artistica sarebbe un giudizio soggettivo, ma di certo so (sempre dalla stessa fonte) che molti americani (ovviamente pragmatici) non l’hanno presa bene.
Attraverso l’ottima prestazione di Daniel Day-Lewis viene mostrato Lincoln soprattutto nel suo temperamento come politico, mentre l’uomo e la sua vita privata vengono indagati soprattutto di riflesso ad essa. Scelta coraggiosa del regista e degli autori che attraverso una storia più romanzata avrebbero potuto probabilmente raccogliere un maggior consenso popolare, ma sarebbero usciti dall’impostazione base della pellicola, appunto storico-biografica.
Da segnalare anche, oltre alla già citata ottima scenografia, il buon ritmo dettato da discussioni politiche sempre molto accese e serrate e da questa parallela, continua e spesso non troppo onesta “caccia al voto”; la buona prestazione di Tommy Lee Jones nei panni del senatore Thaddeus Stevens, uno dei maggiori sostenitori del tredicesimo emendamento (è passata effettivamente alla storia la ricostruzione della sua vita privata, anche se non è mai stata realmente dimostrata); la figura della First Lady, Mary Todd Lincoln, interpretata dalla brava Sally Field.
Tuttavia, tirando le somme, sicuramente quest'opera non è un "romanzetto", ma ciò non va a vantaggio dell'indagine storica che risulta, a mio gusto, poco affascinante e, oggettivamente, poco esauriente. 
Da qui la mia freddezza nei suoi confronti.
(Ste Bubu)

1 commento:

  1. Si potrebbero essere offesi i democratici (Sud schiavista, paradossi della lingua, anche se per loro il popolo non includeva i neri) muniti di traditori in canna al soldo di poltrone vacanti. Avrebbero potuto fare lo stesso i repubblicani, ben disposti a giocarsi tutto sul piano del...banco. Insomma questa è la vera mossa azzeccata di Spielberg, realizzare un film retorico come solo un film made in U.S.A. su cosa sono nati gli U.S.A. avrebbe potuto essere, mettendo una carota in bocca al mitico presidente, rappresentato più saggio e "tenerorso" che mai (bravo sì, il protagonista, apprezzabile anche per la voce roca e stanca in originale), ma tirando, allo stesso tempo, una bella bastonata (certo, non siamo al macello dei "Five Points") sull'idea che gli americani hanno, con tanta boria quanta ignoranza (o scarsa memoria, anzi nulla), di sé.
    Per il resto, sì, film noiosetto. Da una parte mi ha sorpreso non vedere roboanti effetti speciali, l'altra faccia della medaglia è una certa superficialità e piattezza: o hai lontani avi morti a Pittsburgh, o la vedo dura ad appassionarti ad un film incentrato esclusivamente sul reperimento dei punti fragola per il celebre e fondamentale XIII° emendamento.
    La dissolvenza della "fiamma presidenziale", poi...horribile visu!

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