Feroce Buñuel zero speranza

Sabato mattina, sveglia alle 6.45, treno per Genova e alle 10 sono seduto davanti a un Buñuel. Ok, ricovero. Eh, ma è colpa di Bubu che mi ha fatto venire voglia del mitico regista spagnolo! Poco male. "Viridiana", Palma d'Oro 1961, è un graffiante attacco contro le convenzioni della specie umana tutta. Messe al muro religione e strutture sociali, come al solito, ma anche il popolino, qui immortalato in tutta la sua drammatica incapacità.
Il regista spagnolo, sin dall'inizio di questa pellicola, mostra la sua abilità nel sintetizzare un'idea in pochi fotogrammi, lui simbolista praticante. I piedini di una bambina che salta la corda (purezza e innocenza...), le bianche cosce della novizia (...pronte ad esplodere), croce, chiodi e corona di spine (questa è facile), ma gli esempi sono molti, disseminati lungo il film e l'opera del regista) interamente basato sul conflitto interno, sull'ambiguità che fa traballare tutti, sul dualismo cui l'uomo, infine, s'abbandona. Conflitto che non può che esondare dall'individuo e riversarsi sull'altro. Di qui la tragica e infame guerra tra poveri. Luis Buñuel, apparentemente, racconta una drammatica storia di stupro, suicidio e perdita di fede, ma lo fa mediante una successione elegante ed efficace di sequenze allegoriche, raggiungendo picchi di intenso pathos (lo zio col corpetto della defunta moglie, il suo bacio a Viridiana drogata...).
Ho trovato il film pervaso di amaro cinismo (il secondo cane legato al carro o la costante rappresentazione delle quotidiane scaramucce dei poveracci e la loro incapacità, ad autogestirsi non ne parliamo nemmeno, ma anche solo al benché minimo valore).
Altri due esempi di simbolismo concentrato: il crocifisso col pugnale incorporato (direi un manifesto buñueliano) e la bambina che gioca col diablo...
Diciamo che, dopo le tante staffilate assestate alla borghesia e al clero, questo potente e angosciante colpo è stato inferto anche a quel popolo che, forse, in 20 anni di esilio messicano, Buñuel ha imparato a conoscere in tutte le sue sfumature, amorevoli e odiose. Terrificante raffigurazione di questi corpi in fila verso il macello. 
Il quadro è disarmante, lo spettatore affranto e un po' snob osserva il massacro. Disillusione e fiducia per nessuno.
Non so se, in partenza, siamo tutti suore, ma di certo le tentazioni lungo il percorso sono molte e la superbia di Viridiana ("faccio da sola"), comune a tutti, non aiuta.
Dopotutto, si finisce sempre a giocare a carte...Che sbocco.
(depa)

ps: tra l'altro la bella e brava Viridiana, Silvia Pinal, è Paoletta!

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