L'ultima donna di Ophüls

Ieri sera, al "Circolino" che ormai conoscete, è stato completato il ciclo di 5 appuntamenti dedicati al regista Max Ophüls. L'ultima serata è coincisa con l'ultima opera dell'autore tedesco: "Lola Montès" è un meraviglioso e drammatico spettacolo dedicato ad una figura femminile come tante, un po' colpevole, un po' vittima, ma sempre a testa alta. Sorrisi e lacrime bene in vista.
Lola Montez fu una ballerina irlandese dalle alte ambizioni e dalla grande determinazione. Questo film ci racconta la sua salita e la sua caduta, prendendo spunto da un "romanzo autobiografico" a lei dedicato dallo scrittore francese "leggero" Jacques Laurent. Romanzetto, a quanto pare. Quindi valgono doppio i punti raccolti da Ophüls durante la realizzazione di quest'opera intensissima, in cui anche la protagonista, Martine Carol (1922-67), mise tutta se stessa. La maggiorata d'oltralpe (fino a quando B.B. arasse la croisette coi suoi fianchi), viene utilizzata, però, per ribadire il disincanto che sempre d'accompagna all'amore. Prolungando, per certi versi, l'epopea di "Caroline chérie" (narrata dal regista francese Christian-Jaque che, nel 1971, diresse due bruttine...Cardinale e, appunto, B.B. ne "Le pistolere"), l'avvenente attrice conduce Lola Montès sino al baratro allestito magicamente da Ophüls, poche tette, tanta tragedia.
Informazione di servizio: la versione vista al "Circolino" sulla Martesana è quella frutto della restaurazione eseguita in Francia nel 2008, più fedele possibile a quella desiderata dall'autore che dovette ben bene rimaneggiarla per far fronte alle critiche dei produttori (in rosso di un po' di zeri). Quindi è ancora con più attenzione che osservo quest'Ophüls a colori cinemascope (già questo è un motivo valido per partire in aereo, figurarsi se un velato sciopero può arrestarmi).
Il film comincia e la scenografia allestita dagli autori è un circo magico felliniano. Le caratteristiche dello stile del regista pendono dalla cima del tendone. Una corona sale e scende, le funi ci passano davanti, la gloria è un pezzo di metallo, la finzione è ormai palesata. Le inquadrature oblique minano ulteriormente il nostro senso di sicurezza (e di appagamento). L'idea che sta dietro a questa pellicola è, di per sé, crudele, atroce: Lola Montès, dietro alle quinte, si rivolge ad un bicchiere fidato mentre, di là, sta per andare in scena la sua gloria passata, quindi la sua disfatta. Lola è stata tutta la vita pedina dei giochi altrui, non può che esserlo ancora. Adesso, però, nessun Re di Baviera, nessuna reggia dei sogni, bensì baciamani da un misero dollaro.
Come l'elefante, finalmente, imparò a suonare il piano e s'infatuò della musica; così, anche Lola fece suo il gioco pericoloso della seduzione e, come un equilibrista, s'inebriò di ogni momento passato sulle altezze vertiginose del falso tendone della vita.
Tragedia e ironia ("Ho capito caro, sarebbe meglio andassi in campagna" è una battuta meravigliosa), eleganza e coraggio: Max Ophüls è ormai una vera passione cinerofumiana e, per questo, ringraziamo infinitamente il circolo Familiare di Unità Proletaria per le ottime occasioni.

Stupendo. A "Lola Montès", forse, manca solo il bianco e nero...
(depa)

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