M come crimine

In sala Ninna, questa pasquetta è stata perfetta. Non per il tempo, non per i santi, ma per il cinema. Bubu, Elena ed io siamo stracarichi (oddio la Elena piuttosto vagherebbe all'expò, da sola, sotto la pioggia) per un filmone che abbia lasciato il segno nella storia della nostra. Fritz Lang sigillo di garanzia. Nel 1931, il regista austriaco si trovo alla svolta, quella del sonoro, e la imboccò alla maniera di "M - Il mostro di Düsseldorf", gran film mix d'espressionismo e realismo, sull'omicidio e sulla follia, che prende carnefici e vittime.
Stupisce come il regista sappia maneggiare il nuovo strumento sonoro, sin dalle prime battute, le luci e le ombre di Lang flirtano colla componente sonora. Quel fischio, quella filastrocca, poi le grida della madre e le scale, poi la palla, il manifesto e l'ombra. Il senso d'angoscia di tutti, cittadini, polizia, malavita, colpevole e...pubblico. Una palla rotola tra i cespugli ed un palloncino s'incastra tra i cavi, il gioco e la morte si fondono nello stupendo simbolismo di Fritz Lang (l'ispettore visto da sotto mostro tutta la sgangheratezza delle f.d.o.) . Ogni gatto è allerta, il topo è braccato, corre di qui, corre di là, le guardie e i ladri agli angoli delle strade, tutt'insieme. La malattia può rendere vittima e di fronte non c'è nessuno pronto. Il maestro dell'espressionismo fa un gran figurone, è quello che passerà agli annali; il maestro, aspettato al varco, non si fa cogliere impreparato. Peter Lorre è superbo, nei movimenti e negli sguardi. E' sopra le righe, ma lo è l'espressionismo; lo è la follia. Il film offre mille spunti cinematografici (montaggio e parallelismi che scardinano), psicologici, sociologici (i meccanismi della caccia alle streghe, i principi della xenofobia), criminologici e, soprattutto, giuridici. Chi può giudicare? Chi deve far rispettare? Sullo sfondo città e cittadini che non sono in grado.
Tutto ciò in un film del 1931 che, complici la figura del capo dei criminali (Gustaf Gründgens, una recitazione più che moderna) e la sensibilità del regista per le ambientazioni "sinistre", pare girato l'altroieri. Da guardare ed apprezzare.
Passo il mic, vai Bubuuuuu......
(depa)

1 commento:

  1. Yo yo yo…
    La sequenza della madre che grida disperata il nome della figlia improvvisamente scomparsa, urlo disperato che si perde nella tromba di una scala, in grandi "cortili" vuoti, seguita dalla palla che rotola e il palloncino che si incastra sui cavi della luce, trasmette il primo senso di d’angoscia attraverso “semplici”, magiche immagini. Ueilà! Già avevo capito che doveva essere una bella storia sto primo film(one) della giornata in sala Ninna...
    Un salire continuo d'emozioni e un accumulo di temi (psicologici e sociali) e situazioni legate ad essi (la città tutta che "impazzisce" alla ricerca del mostro) da sviscerare e indagare, fino ad arrivare a quell’assurdo processo che mette sul piatto tutti assieme altri grandi spunti di riflessione. Chi è in grado di giudicare realmente quando un essere umano è spinto a commettere crimini da un incontrollabile follia e quindi non condannabile e quando questa follia è da considerare “cattiveria” e quindi va punita? I cittadini non sono in grado, vero, ma il popolo vive di rabbia per la perdita delle proprie figlie, rabbia che si trasformerà in una sconsolata richiesta d’aiuto di due madri e allora come non aver compassione per questi sentimenti?
    Il capo della “malavita” è un personaggio che spicca, subito dopo il protagonista bravissimo nel mostrare, con una recitazione "enfatizzata", quella follia "borghese" che lo psichiatra dipinse all’inizio delle ricerche del criminale, ma quello che più mi ha colpito sono le ombre, le immagini sovrapposte, le dissolvenze che creavano la sensazione e l’illusione, la suspense, quel fischiettare inquietante, il sonoro sfruttato dall'espressionista... bella storia... e… vado a dormire, va…:)

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