"Meglio la verità, non fa male"

Ieri sera, al "circolino", per la rassegna "God save the queen? - Il cinema inglese tra la Thatcher e Blair", hanno proiettato un film del regista inglese Mike Leigh, regista classe '43 che viene da Salford (città del calciatore Scholes, un mito). Centro dell'Inghilterra, quindi; Manchester operaia e muretti dai bricks rosso scuro, e classe media che non trova se stessa, tra alcol sempre a disposizione e lavoro dal lato opposto della strada. "Segreti e bugie", del 1996, permise al regista britannico di vincere la Palma d'oro. Meritata? Secondo me no...sì.
Del regista, il Cinerofum vide qualche anno fa, in trasferta, "Another Year" (2010, non recensito :( ). Le caratteristiche del cinema di Leigh (grande gavetta nella televisione) sono ben delineate in entrambi i film: stile scevro da estetismi ricercati, dedito piuttosto alla rappresentazione realistica dei meccanismi interpersonali della midclass al passo coi tempi, quindi i percorsi di socializzazione e, soprattutto, isolamento indotti dalle società inglesi via via "vigenti". Il suo cinema è quello in cui il pensiero di uno dei tanti personaggi è perso attorno all'ultima bolletta e violino e pianoforte incorniciano alla perfezione questa "tragedia moderna"; ma anche quello in cui i caratteri stravaganti dei personaggi e le situazioni problematiche quanto realistiche (bisogna riconoscerlo) possono dare sfogo alla voglia repressa di ridere dello spettatore. E' un obiettivo ambizioso. Il rischio c'è, o forse no. Forse questa è la ricetta per accontentare un po' tutti...o nessuno.
Questo film non fa eccezione, anzi, porta, credo, al massimo livello la produzione leighiana. E non è facile esprimersi a suo riguardo. Si passa di continuo dalla sensazione del classico "né arte é parte" ad un rinnovato entusiasmo ("Ah però!"). Ad esempio, proprio quando il dolcificante (che, si sa, fa più male dello zucchero!) pare spargersi per la pellicola, il regista riesce nella missione più ardua (ma salvifica), cioè compiere il "salto", portando il pubblico sui binari emotivi reali dei protagonisti (la telefonata rivelatrice, per esempio tocca corde più profonde delle risate scoppiate in sala). La sacra istituzione famiglia (in senso laico) è sfracellata. Persone che dimenticano di avere un'esistenza sola e distruggono i rapporti, avvelenano i giorni, non accorgendosi che quel sorriso perso non tornerà mai più, sulla bocca di nessuno. E' tutto mostrato senza calcare troppo. Ma (eccolo!) qui e là ci si perde tra i registri utilizzati, si rimane spiazzati ("qui bisogna ridere o piangere?") scena dopo scena. Forse è ciò che il regista voleva, forse è questo l'ottimo risultato. Ma se lo spettatore, per caso, si perdesse una battuta?...ho la sensazione che potrebbe iniziare a sbagliare tutte le reazioni (per questo potrebbe capitare di sentir ridere il tuo vicino, mentre hai un magone al cuore; o di sentire il silenzio più sacro nella situazione più esilarante del film). C'è di mezzo la percezione di ciascuno, ovvio. Ma allora, il regista dove rischia?
Di sicuro, se si vogliono vedere scorci di vera Inghilterra, attraversando le pellicole che attraversano le croisette varie, bisogna vedere i film di Leigh. La ragazza che s'avvia scoglionata al pub vale più di mille parole.
Quindi arrivo a parlare degli attori, davvero notevoli. Per prima, Brenda "Cynthia" Blethyn (Ramsgate, 1946, la cannabinoide Grace, tanto per capirci), davvero grandiosa; con questo film arrivò di colpo alla ribalta e non poteva accadere altrimenti. Sopra le righe quando gli dicono di esserlo, per il resto dona il vero corpo di dramma e ironia alla pellicola. Poi c'è la già citata figlia della protagonista, bravissima, credibile, brutta e sbandata, dolcemente e insopportabilmente meschina. Mi ha colpita anche la Marianne "Hortense" Jean-Baptiste, padrona di tutte le espressioni del volto.
In quest'epoca infame in cui un figlio si dispera di venire a sapere dalla madre di avere un fratello (geniale genere umano). Un pensiero va anche al fidanzato della giovane ragazza! Col suo "come butta?" e quel braccio che non arriverà mai alla spalla della compagna...mitico!
Quindi buon film, che diverte con qualche riflessione, non perfetto.
Dedicato alla mia famiglia.
(depa)

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