"A volte il treno sbagliato va nella giusta direzione"

Ciao 'Rofum! Ieri sera siamo partiti, io ed Elena (che poi verrà sostituita dalla punta di diamante Marigrade), per il viaggio tra i frutti di Cannes 2013. L'avvio è stato positivo, "The lunchbox" ("Dabba" in originale) è una dolce amara commedia girata dall'esordiente regista indiano, Ritesh Batra.
Non male davvero, questa pellicola, che nasconde, nella sua coraggiosa ciclicità, molteplici spunti di riflessione: sul tempo che passa, sul suo utilizzo (o non), sulla svendita all'ingrosso dei sentimenti allestita dalle grandi città, moderne sintesi di una società troppo complessa per noi. Ma vedrete che le vostre interpretazioni scatteranno.
Qui vorrei sottolineare che, dopo aver temuto per le sequenze introduttive (pare che film indiani senza immagini di treni non possano più nascere; però son fatte bene, va detto), la pellicola ha mostrato sensibilità e leggerezza d'immagini (non di concetti) che è giunta intatta sino alla fine (tranne qualche trascurabile passaggio, come il primo suicidio immaginato). Poiché il film ripropone lo stesso episodio, uno scambio di "pizzini" via via più intimi, il pericolo è quello di sedersi su questo schema, senza dar polpa a ciò che c'è attorno. Questo non accade, in quanto i personaggi sono "farciti" da una buona caratterizzazione, mediante sguardi e silenzi eloquenti. I "due più uno" protagonisti indiani, sono credibili e articolati. Lui è il pensionato vedovo indurito dalla routine, lei è la massaia ormai invisibile al marito. Il terzo è il personaggio più complesso. Se i primi due formano l'India silenziosa e chiusa in sé, il ragazzo che cerca di barcamenarsi per arrivare ad una vita comunemente intesa (lavoro, moglie, motorino, etc.), rappresenta l'India che sgomita, non priva di sentimenti, ma in semi stato confusionale, sempre in bilico se dire una balla o no ("Ma che razza di tipo sei?" gli chiede il vetusto assicuratore); realtà e menzogna si mescolano, senza malignità, bensì una tenace determinazione ad emergere e, prima o poi, posarsi ("Pulire il ventilatore senza spegnerlo"). Nel complesso, quindi, mi sento di fare i miei complimenti al giovane regista di Mumbai (classe 1979) per un film che, senza eccesso di miele o balli o colori, racconta un po' sotto forma di favola/incubo (vita) una storia genuinamente indiana (classe medio-bassa, ovviamente).
(depa)

1 commento: