La colpa è sempre degli addetti

Nella sezione "I Dintorni" della rassegna milanese ruotante intorno a Cannes 2013, sabato pomeriggio, è stato presentato un film tedesco, diretto da Lars-Gunnar Lotz, classe 1982. Quindi io e Marigrade ci siamo spupazzati "La colpa è sempre degli altri".
Il film tratta del processo di rieducazione carceraria. La periferia di Stoccarda sintetizzata in un grigio incrocio, metallo e cemento armato e treno sferragliante fanno da scenario al misfatto violento che darà il via all'intreccio. L'accento tedesco calza alla perfezione alla durezza del racconto, acciaio verbale che fa da cornice alla caterva di botte che verrà. Il tema della riabilitazione nei centri dedicati ai ragazzi con problemi penali è complesso. Il film ne racconta uno scorcio, in maniera abbastanza asciutta, adottando uno stile duro e spigoloso. Alcuni messaggi sono chiari (addirittura nel titolo), altri lasciano più spazio allo spettatore, il quale, uscendo dalla sala, certamente avrà capito che per fare quel lavoro bisogna essere più che preparati...
Il protagonista, Edin "Ben" Hasanovic (nato nel 1992), è bravo ad accumulare sul proprio volto tutta la tensione incamerata (ma anche gli altri attori, a mio parere, portano a casa la sufficienza) e la regia è buona, disinvolta e matura. Quindi perché solo un "6" alla fine della recensione? Perché qualche intrusione narrativa di troppo, all'interno di una pellicola che doveva rimanere al di fuori di certe dinamiche. Esempi: la storia sentimentale tra il protagonista e la dottoranda...scontata quanto artificiosa. Da qui prende il via il rapporto conflittuale tra Ben e il suo compagno di stanza, idem come prima: Tobi era il primo della classe, finirà col perdere la testa; Tobi capisce che il "colpevole" è Ben poiché dalla finestra vede Eva (l'ignara vittima del passato nonché direttrice dell'istituto, quindi l'unica che potesse essere sveglia, a ben vedere)...belìn che intuito! Ancora: Eva capirà tutto da un grido durante una partita a rugby in una giornata di sole con riff di chitarra in sottofondo...credo che non debba aggiungere altro.
In ultima analisi, nel film c'è il solito ipocrita messaggio, al sapor di Chiesa, per cui la gravità del gesto compiuto è legata alla conseguenza non calcolata, in questo caso il nascituro nel grembo della vittima. E' possibile che un ragazzo rinsavisca e comprenda la propria colpa nel momento in cui viene a sapere che ha ucciso un feto di 6 mesi? Cioè, prima è un tizio che le suona di santa ragione a donne col passeggino sul sedile posteriore, poi però, miracolosamente (raggio di sole e coro a cappella), scopre di averla commessa grossa. Va bene, sottolineiamo pure che, "Criminali, occhio! Non si sa mai!", però...in sala non tutti lo sono.
Molto meglio di tanti film che girano tra le multisale, ma con qualche evidente macchia.
Voto: 6.
(depa)

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