Nel crimine perdono anche i fieri

In sala Uander, da lunedì scorso, ha preso il largo anche un altro viaggio, quello un po' casuale, un po' desiderato (sì, andremo a zig o a zag, di volta in volta), scaturito dal nostro incontro col pittore livornese Modigliani e, in particolare, col suo periodo parigino (Montparnasse). Prima tappa di questo excursus è vero e proprio luogo sacro della Settima: "Casco d'oro", oltre ad essere un gioiello cinematografico del 1952, permette inoltre di far accomodare nel Cinerofum il regista parigino Jacques Becker.
Via dai, poche balle. Su, filare! Tutti a recuperare questo film e a sentirne il fascino, l'eleganza, la forza. Storia turpe, storia di violenza, di gente pronta a tutto; luoghi in cui una vita conta zero, dove dietro l'angolo, però, può battere il cuore più puro.
A dar corpo e volto alla variopinta pletora di figure, sincere ed infami, pure e farabbutte, sono i volti di grandi attori francesi, più o meno celebri, tra cui spiccano i due protagonisti: Simone Signoret, ormai mia personale passione, stelo sontuoso tra dolci petali biondi, e Sergio Reggiani, baffo ingenuo ma sguardo fiero.
La regia emerge per la sua modernità, espressa con la velocità di ripresa, nell'intreccio realistico, sporco di polvere e sangue, esalante odor di cognac e profumo di basso prezzo, senza accentuazioni hollywoodiane; moderna perché cerca rotture, senza stridere, degli schemi abusati: Il dolce incontro, con alberi in fiore sullo sfondo, tra i due innamorati, avviene dopo l'agognato amplesso pomeridiano, non rappresenta, cioè, la classica preparazione, la penultima tappa del corteggiamento. Così come salta all'occhio l'inconsueto incontro e inseguimento finale, in una via luminosa e frequentata e culminante, addirittura, in un commissariato di polizia!
Splendido, rapido, elegante e violento tocco.
(depa)

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