Scambio a Tokyo: gran caos

Sabato scorso, film giapponese in concorso a Cannes 2013: "Tale padre, tale figlio" del regista nipponico Hirokazu Kore-eda, 51enne. La pellicola parte bene, trattando il tema principale, la paternità, con attenzione e ironia, per poi perdersi in direzioni emotive continuamente contrastanti che, alla lunga, mi hanno spinto a disaffezionarmi alla vicenda narrata.
Bianco pulito, rette che tutto pongono in ordine; giacca e cravatta, lui e lui, il film catapulta presto nell'atmosfera giapponese, disciplina e casa che "pare un albergo". Esistenza fredda sino a quando avviene l'imprevisto, la frizione che porterà calore. Tutto viene stravolto, perché in effetti l'episodio può scuotere: scambio di bambini alla nascita. Quindi? Che si fa? Li scambiamo? Ha senso? Preferisci il sangue, il gene, o l'affetto, le ore condivise? Io non ci penserei un attimo e direi la seconda, magari tenendomi aggiornato su quel pezzo di me perso per strada, però...non è così semplice, forse. Bisognerebbe trovarcisi.
Quindi il canovaccio, c'è. Lo spettatore sta comodo, nella poltrona dell'Apollo, e si gode la leggerezza, mai superficialità, con cui il filo viene dipanato. Si sorride, si riflette, si compiono piacevoli arzigogoli d'immedesimazione sino a quando, rinsavendo, ci si ricorda che si è al cinema, dinnanzi ad uno schermo, ad un film che, come tutti gli altri, deve pure tirare le somme, stringere, diciamo, col pugnetto che si apre e chiude.
Ecco la nota dolente della pellicola (oltre a quella del pianoforte che ritornerà durante tutta la visione, un "-" sul registro, causa mancanza d'inventiva minima garantita), nell'ultima mezz'ora si aggroviglia, facendosi sorprendere con un passo in una direzione, un passo in un'altra. Che la cosa fosse voluta, per ricostruire lo stato confusionale che può aver sconquassato ognuno dei protagonisti (ne dubito fortemente), posso anche accettarlo, ma allora, caro Kore-eda, tu fa' lo stesso, con noi poveri spettatori.
Facciamo un po' d'ordine: il succo è che il padre è un deficiente tutto lavoro-lavoro e che per i bambini il cardine è il gioco.
Ma non solo; se la regia scorre con tocco delicato,qualche scivolone nella valle degli zuccheri è presente, come quella delle vecchie fotografie trovate nella macchina fotografica.
Concludendo: in un mondo ideale, vorrei le code al Blokbaster venissero fatte per film così, piuttosto che per "The Bourne Provacy" et similia, però il suo posto è tra quegli scaffali.
Voto 5,5.
(depa)

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