Sorrentino racconta (bene) Andreotti

Come mi ero ripromesso dopo aver visto “La grande bellezza” ed esserne rimasto molto deluso, qualche sera fa, ho cominciato ad approfondire la conoscenza del regista napoletano Paolo Sorrentino per provare a capire se effettivamente vale quello che dicono o se il cinema italiano sia proprio alla frutta. In sala Ninna è passato “Il divo”, pellicola biografica - drammatica che narra la vita di Giulio Andreotti fino agli anni ’90. Fu presentato in concorso al Festival di Cannes 2008, dove si aggiudicò il premio alla regia.
Tralasciamo il giudizio che Sorrentino da del politico più longevo della storia della Repubblica Italiana, anche perché sommario, e addentriamoci nell’opera filmica.
La cinepresa si muove abilmente lungo le enormi e sfarzose stanze dei palazzi del potere (e non solo) e l’assaggio che il regista ci offre del clima che si respirava allora a Palazzo Chigi è un po’teatrale”, ma, anche per questo, d’impatto. La scena di Cirino Pomicino che va a caccia di voti per la presidenza della repubblica di Andreotti, come uno scolaretto che nell’intervallo cerca qualcuno con cui scambiare le figurine doppie, è decisamente ben proposta e risulta una scena “torci budella”, immagino, soprattutto per i “neo-nati” grillini.
La storia convulsa della politica italiana di quei primi anni novanta, comunque, viene proposta solo di riflesso a quella del Senatore Andreotti, come per una pellicola biografica è giusto che sia.
L’interpretazione di Toni Servillo (premiato come miglior attore all’European film Awards) è innegabilmente molto positiva. Tutti infatti conoscevamo la parlata, la postura e i modi di gesticolare particolarissimi del “Belzebù”della DC e l’attore campano lo rende alla perfezione. Non cade in una semplice imitazione da cabaret, ma sceglie e riproduce al meglio i suoi tratti più caratteristici. In casi come questo il merito va sicuramente anche al regista.
I dialoghi sono interessanti e ben recitati, i fatti storico - politici vengono proposti in maniera coinvolgente e il ritmo della pellicola è decisamente buono. Tuttavia, come nel “La grande bellezza”, l’ultimo terzo di pellicola mi è sembrato un po’ più moscio. Dall’avviso di garanzia consegnato a “Don Giulio” all’inizio del processo per mafia è tutto un po’ pesante e l’attenzione cala proprio quando la tensione dovrebbe salire. Tuttavia il finale con Andreotti apparentemente imperturbabile che in realtà pian piano sbianca mentre gli viene descritta (dal PM?) la più terribile delle verità possibili sulla sua vita e quello che ne segue, direi che riscatta, almeno in parte, questo “peccatuccio”.
Ora… Tirando le somme… Non sono un fan delle pellicole storico - biografiche, qual è in sintesi “Il divo”, e non avevo mai apprezzato un’opera di Sorrentino, ma sono stato pompato di brutto perché vedessi questo film e mi ricredessi sul regista partenopeo, quindi sono curioso di sapere altre opinioni per provare a capire se sono riusciti a plagiarmi visto che, tirando le somme, do a questa pellicola una buona sufficienza.
(Ste Bubu)

1 commento:

  1. Anche il quarto film di Sorrentino non mi è piaciuto. Il suo quinto che vedo. E salvo solo il suo primo, d’esordio.
    Non mi piace l’impostazione data alla pellicola: il solito coreografico (pacchiano hollywoodiano, finirà là coi vari Muccino, Tornatore etc…) Sorrentino, anche quando proprio non se ne trova il motivo.
    Il ritmo è quello della rabbia di fronte a tanto scempio politico, al potere, intendo. Attori mediocri tendono a rendere ironica la sequenza che dovrebbe solo generare sdegno. Non riesco a dire parole positive nemmeno su Servillo (ancora una volta), interpretazione macchiettistica, quindi nego :) .
    Con percorso inverso al tuo, passo ora ai contenuti che, ancora peggio della forma, mi paiono davvero confusi e superficiali. Pur supponendo le stesse ingiustizie, la rappresentazione del Rasputin del XX° secolo nostrano mi è parsa artificiosa e superficiale. Risultato? Colpo mancato, a mio avviso. Romanzo confuso, raffazzonato. Ha le sembianze del quadro veritiero? No. E’ utile? No. E’, almeno, bello?...boh.
    Se, poi, il film voleva essere più ironico di quanto io pensassi, allora chiedo scusa, ho sbagliato tutto. Perché in esso ci sono momenti di ridicola tenerezza (splendidi e melensi momenti sulle note di Renato Zero, pessimi) non inscrivibili nemmeno in una pellicola di genere grottesco.
    Insomma, non capisco i motivi che possono aver mosso produttori e autori a rappresentare (così) alcuni fotogrammi della parte finale della scabrosa carriera, lasciando la pellicola senza fondamenta, mero esercizio estetico (che non ho apprezzato) e propagandistico (solo per gli autori, purtroppo, ecco il colpo esploso a vuoto).
    Nemmeno dopo una notte a chiacchierare su quel farabutto, consiglierei al mio interlocutore di guardarlo, vi basta?

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