Aguirre e Kinski volevano l'El Dorado

Eh lo so. Sono fatto così. Io ed Elena arriviamo al Cinema all'aperto nei chiostri di San Barnaba e ci mettiamo in fila, pochi minuti ed un braccio si frappone tra noi e quelli davanti: "Spiacenti, posti esauriti", "Possiamo sederci per terra?", "No". Ma sparatevi, tu, Garrone, "Reality" e l'"Arianteo". Andiamo a casa ché mi guardo un film. No! Scuola guida perché "se no quando la facciamo!?" Va bene, Ele. Però al ritorno, in sala Uander ultimo spettacolo h23.30, potrò guardarmi un film in relax? Ed ecco che recupero il regalo di compleanno che mi fece Barabba: "Aguirre, Furore di Dio" è un film del 1972, il 5° del regista tedesco Werner Herzog...
I fatti si svolgono nella metà del 1500, quando una spedizione spagnola guidata da Pizarro, condotta alla ricerca della terra promessa El Dorado, finì miseramente.
L'inizio della pellicola è ovattato, musica celestiale a costruire il pathos desiderato dal regista di Monaco di Baviera. La m.d.p. inquadra dall'alto la discesa tra le nuvole, giù dalle vette di Machu Pichu, regalando la prima sequenza d'effetto. La passione e l'esperienza sul campo del regista tedesco per il taglio documentaristico emerge a più riprese (le tumultuose acque del fiume, l'uso sapiente della steadicam), le immagini sono "sfumate", le gocce d'acqua sull'obbiettivo, avvicinano lo spettatore a quella terra affascinante quanto ignota.
Poi la m.d.p. si assesta, appollaiata sulla zattera ad osservare questo gruppo di scapestrati senza speranza. Il più determinato di tutti è il protagonista Aguirre, che pare però percorso da una sete di potere (non vuole oro, quello lo lascia ai servi) più forte di lui, pronta a sovrastare ogni sua altra capacità. Sopravvivrà solo lui, avendo perso, uno ad uno, tutti i "suoi" uomini, sfiancati dalla forza della natura, ammazzati dai suoi guardiani.
A lato della sua progressiva follia, il racconto della chiesa quando era già e ancora chiesa ("deve stare dalla parte dei più forti") e del carattere violento e meschino delle prime esplorazioni (proprio vero: un crimine può compierlo anche il più cretino).
Mi aspettavo una prova più roboante di Kinski (vedi "Woyzeck"); qui, invece, la follia è più silenziosa, latente, sottopelle. La scena finale, con Aguirre ormai senza più la ragione ("Se voglio che gli uccelli cadano dagli alberi, devono cadere dagli alberi!") toglie ogni dubbio che il film fosse divenuto celebre più per i veementi scontri tra il regista e l'eccentrico e un po' pazzo attore, in questa pellicola al loro primo incontro (da qui il documentario "Kinski, il mio nemico..."; ne potete leggere un po' ovunque, vi basti che si arrivò alle minacce di morte; "Signor Kinski, lei non è ancora il capo della spedizione", si davano ancora del lei...): la "danza" solitaria di Aguirre sulla zattera decrepita invasa dalle scimmiette e il movimento macchina in chiusura sono la cosa più suggestiva (assieme alla già citata sequenza iniziale).
Cinema grezzo solo nei mezzi (8 attori, poca spesa), alto nella forza espressiva.
Barabba, quando passerai dalle parti del 'Rofum, ci racconteresti cosa ti ha colpito di questo film?
(depa)

1 commento:

  1. Ah, dimentcavo, voto...alla prova guida di Elena: "6,5" (solo per non gasarla troppo). Due ottimi parcheggi a "S" (uno dei quali a sinistra, tra l'altro), uno specchietto sfiorato a destra e qualche corsia fantasiosa. Detto ciò non fa spegnere la Golf manco a pregare (molto meglio di me brbrbr). Complimenti.
    Dai 'rofumiani, anche questo è cinema!

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