-"Ananas." -"Cocaina o carte?"

"Una per i soldi, due per lo show"...Uno perché trovare 4 ore e mezza libere è dura; due perché anche l'austriaco Fritz Lang lo divise in due parti, proiettate nella primavera del 1922 ad un mese di distanza l'una dall'altra; tre perché così le recensioni risultano di più! "Il dottor Mabuse - Il Giocatore - Un quadro dell'epoca" è la prima parte della saga del diabolico genio del crimine che ispirerà tanta parte del cinema che verrà. Quadro, a sua volta, ispiratosi all'uomo del suo tempo, morbosamente perso lungo l'epoca delle innovazioni e degli sconvolgimenti sociali.
Questo celebre film muto, moderno e coraggioso, mostra il suo carattere sin dalla prima didascalia, in cui la parola "cocaina" serve a catapultare senza filtro lo spettatore nell'incubo che attanaglia l'uomo dei primi decenni del '900. Nella seconda la locuzione "spararsi una pallottola in testa" ribadisce la direzione imboccata dall'umanità (quantomeno da quella abitante l'Europa centrale, in preda al delirio).
Che la pellicola abbia il fisico del giovane irrequieto che corre per strade buie è evidenziato da un montaggio straordinariamente rapido e da dettagli audaci. Una spy-story in synchro perfetta (sequenza del furto del contratto sul treno), con rotture d'avanguardia (sguardo verso la m.d.p.: "e allora perché non te ne vai?..."), in cui la tenebra scende sulle menti sotto la pressione di giochi individuali e di meccanismi di massa. Il pazzo Dottor Mabuse trova terreno fertile negli schizofrenici, faraonici e vuoti, saliscendi della Borsa, gioca d'astuzia ma è circondato da ubriachi, nessuna resistenza della ragione; antesignano dei moderni politici: fame di potere, da raggiungere mediante la comunicazione, il sesso, il soldo. Bische e luoghi della perdizione più roboanti (il mitico "Le Petit Casinò" è un incubo di luci, colori e sorrisi tossicodipendenti), in una giostra che non permette alcun appiglio.
Cinema fusion, commistione di generi, spionaggio, slapstick, commedia e thriller psicologico; che porta avanti i discorsi cinematografici già intrapresi: il quasi parallelo concluso in mezzo flashback ("avrebbe dovuto essere là 10 minuti fa!"), scritte in sovraimpressione (già in "Destino"), dissolvenze e filtri, evoluzioni del montaggio lungo spazi inesplorati.
Da ricordare che, anche in questo caso, la sceneggiatura porta la firma di Thea von Harbou che, proprio quell'anno, dopo 8 anni di matrimonio, lasciò l'attore per il regista (magari è questo il motivo per l'inquietante interpretazione del tedesco Rudolf Klein-Rogge, ricca di carica demoniaca, d'odio, perfidia e sete di rivalsa).
Quando Lang "esclama" che "non ci sono santi nel gioco!", dice cosa giusta e...sibillina, visto che, poco dopo, asserirà che "l'espressionismo è un gioco. D'altronde tutto lo è". Questo primo incontro col "Mabuse" è un angosciante tuffo nel deliquio umano (piscine Weimar), che preannuncia il bagno di sangue, l'Inferno che verrà mostrato nella seconda parte.
(depa)

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