Dopo lo scambio: io sono ancora...?

Ieri sera, nella bella cornice del Conservatorio di Milano, sono andato a vedere un film francese del 2012, ambientato in Terra Santa: "Il figlio dell'altra". Questo film, il quarto della regista francese Lorraine Lévy, propone lo stesso canovaccio di un giapponese visto di recente ("Tale padre, tale figlio"), con un'interessante diagonale in più: la componente religiosa/culturale.
Eh sì, non solo scambio di bebè ma anche scambio al di là del muro e del credo. Tra arabo ed ebreo. Le riflessioni s'infittiscono, complicandosi a causa dei nostri errori passati e delle nostre rigidità odierne. Se nella commedia di Kore'eda ci si limitava a chiedere "Cosa fare? Cosa conta davvero, il sangue o gli affetti?, in questa spunta fragorosa la questione "Sono ancora un ebreo/arabo?". E allora la strada si ancora più erta, come detto.
La pellicola non può essere definita drammatica, data la leggerezza con cui propone gli eventi. E non è una scelta sbagliata, per me. Il tema è corposo, la situazione sociale sullo sfondo è tragica. Ma il film decide, senza scadere nel "Volemose BBene!", di raccontare una storia, offrendo uno trampolino per ricordare quale assurda realtà sia presente in quella terra e raccontare, forse in maniera un po' sorniona ma non vedo molte altre strade, un percorso, lento, faticoso verso il disgelo tra quei due mondi.
La temperatura non sale mai alle stelle: il fratello riottoso non prende a pugni il falso padre del suo vero fratello, come ci si aspetterebbe in un film del genere. C'è una stretta di mano, commovente di per sé. L'unico scontro, nemmeno troppo violento, è quello verbale tra i due padri. Di solito punto il dito contro lo scarso coraggio di un film. In questo caso, però, la codardia sarebbe emersa proprio percorrendo le facili strade della drammatizzazione, già vista e rivista (digerita ed espulsa) in altre pellicole, le quali puntarono appunto su un costruito shock emotivo. Il fatto che l'incidente finale di questa pellicola non si concluda con esito mortale, è già un fatto cinematografico quasi inedito.
Girato bene, sorrisi e qualche cruccio che porta a riflessioni. Bene così.
(depa)

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