Da troppo tempo mancava Billy
Wilder dal Cinerofum. E’ vero che Depa e soci, ai tempi, fecero una grande
selezione tra la filmografia del regista, proponendoci le sue più grandi perle,
ma ancora ce n’è e così, giovedì
pomeriggio, sgravato da impegni lavorativi, mi sono buttato su questo “Sabrina” del 1954, una “favola d’altri
tempi”, resa magica dalle presenze della meravigliosa Audrey Hepburn e
dell’affascinante Humphrey Bogart, e incalzante e originale dal genio del
regista statunitense.
La trama è una sorta di
“Cenerentola”. Sabrina è figlia dell’autista di una ricca e aristocratica
famiglia ed è innamorata da sempre del figlio più giovane e stravagante della
suddetta famiglia che, tuttavia, non la degna di uno sguardo, finché non torna
maturata e disciplinata da due anni vissuti a Parigi e anche lui si innamora di
lei. La famiglia di lui, ovviamente, si oppone fin da subito alla loro unione.
Questa però è solo la primissima
parte del film nella quale risalta soprattutto l’incredibile bellezza della Hepburn.
Direi che è la prima recensione che scrivo di un film con l’attrice di origine
belga e non posso trattenermi dallo scrivere un elogio della star di Hollywood che non esito a
definire, la mia attrice preferita di sempre per bellezza, sensualità e fascino.
Scrivendo ciò, non voglio assolutamente sminuire le eccellenti doti recitative
de “la gioia di un regista” per Wilder, ma in questo film, “Vacanze romane”, “Colazione
da Tiffany” e tanti altri, rimango estasiato dal suo fisico asciutto e perfetto
e dal suo viso di ragazzina solare e spensierata che raggiunge l’apice di
bellezza quando i suoi occhi da cerbiatta, nelle scene romantiche e non solo,
s’illuminano in un sorriso splendido e innocente.
Altrettanto di peso, come detto,
la presenza di Humphrey Bogart nei panni di un insensibile ed egocentrico uomo
d’affari, a capo dell’azienda di famiglia e fratello maggiore dell’innamorato
di Sabrina.
Il ritmo è di quelli alla Wilder,
quindi perfetto e costante, così che la noia non ha minimamente
sfiorato la sala Ninna.
Non manca nemmeno un personaggio
secondario un po’ “assurdo” e divertente, spesso presente nelle commedie di
Wilder che prettamente comiche non sono, per soddisfare anche la voglia di
ridere che si presume sia presente in chiunque si avvicini ad una sua opera; in
questa è il vecchio padre di famiglia.
Presente anche una discreta e
canonica, in favole del genere, denuncia sociale che trova l’apice nella frase
detta dal padre di Sabrina, “Nessun povero è mai stato chiamato democratico per
aver sposato un ricco”.
L’evolversi della storia e il finale
sono discretamente originali quindi, tirando le somme, altra opera di Billy che
mi ha lasciato più che soddisfatto,
seppur le sue commedie cult hanno
oggettivamente una marcia in più.
(Ste Bubu)
Concordo. Bella commedia, dal ritmo elevato ma non da record, illuminata dalla quel viso davvero abbagliante. Commedia rosa americana dalla trama canonica, ma che sfugge a certe convenzioni grazie all'arguzia di Wilder, che conosciamo, e i piccoli grandi gesti della Hepburn (un piedino alzato un po' così, una mossa che rompe gli schemi...), un'attrice con un carattere riconoscibile, una sua pennellata, insomma.
RispondiEliminaQualche frecciatina Willy la sussurra, con la sua solita ironia, anche nella rappresentazione dell'ambiente dei grandi manager newyorkesi, cinici oltre modo, sino a non accorgersi di una tale bellezza.
Poi la solita fotografia. Clap clap Billy.