"Ma se di là c'è uno come Platini..."

Eh no perché vogliamo capire. Io ed Elena, avendo intenzione di approfondire l'opera del regista partenopeo Paolo Sorrentino, ci siamo diretti all'"Oberdan" per vedere il suo primo film, datato 2001: "L'uomo in più" mette il cuore in pace; per due motivi: da una parte, dimostra come l'autore sappia fare molto meglio rispetto alle sue ultime bruttezze, dall'altra, come abbia sempre avuto certi vizietti...
Lato A: divertente questo film. Sì, la figura di Tony Pisapia (un ottimo Servillo che verrà replicato tout court, in maniera più roboante, quindi più affettata, nell'ultimo film ambientato a Roma), è davvero ben costruita, nei minimi dettagli (la meravigliosa mimica partenopeo calza a pennello), la profondità di carattere emerge dall'interpretazione e dalle immagini attorno. Immagini che, sin dai titoli di testa, testimoniano una sensibilità che non deve essere sprecata, ma altresì imbrigliata. La carrellata verticale sul bolide rosso dell'eccentrico cantautore è la stessa che riprenderà le barocche fontane capitoline, ma qui non sbaverà, qui c'è da ridere, da esorcizzare e l'effetto è soltanto positivo. Appunto il climax che sta dietro alle scelte registiche dell'autore, quasi sempre in questo film, ha direzione opposta all'ingenuo lavoro del 2013. Quando si vuole illanguidire il cuore dello spettatore, basta un piano sequenza all'indietro che, dalla sala ospedaliera conduca nei freddi corridoi, vada ad incorniciare il Golfo magico di Napoli. Per il resto, Napoli e le sue passioni forti, che siano quelle kitsch suscitate dalle deprimenti canzoni di Tony o quelle vere dell'aspirante allenatore, devono essere gustate, in maniera diretta, veracemente. Sì, proprio con quel sorriso che s'allarga sul volto di Tony quando è in mezzo ai "suoi".
Lato B: una certa qual tendenza ad autocompiacersi, a giocare facile e vedere di nascosto l'effetto che fa. Leggasi, piazzare una cover abusata come quella dei Cake, che non può che stonare (e non certo perché negli anni narrati non esisteva ancora, come altre "wiki-curiosità" ), nei momenti di evidente vuoto d'ispirazione (meglio "La notte", la hit di Tony, come già scritto). Inoltre, la prova di Andrea Renzi è altalenante, inutile starcela a raccontare. Non si può pretendere che il pubblico metabolizzi uno sguardo che è ora da spigola, ora da Amleto. Dopotutto, la responsabilità potrebbe essere dunque dell'autore, più che dell'interprete (invero tenace, appassionato). Infine, nell'ultimo quarto d'ora, il film sbanda, cerca alla cieca le fila, che decide di tirare a sé mediante un monologo che può, sì, finire su Youtube, ma non nelle antologie cinematografiche.
Musicassetta che vien voglia di cambiare continuamente di lato. Spiragli di buon cinema e macchie di sugo di pesce che lasciano unto qui e là. Anche se ho apprezzato molto la fuga sugli scogli, prima, e in barca, poi, il seguente tuffo, lo stacco sulle foto dei detenuti e sulla spigolata dietro alle sbarre; ancora di più, vera chicca, il campo di calcio sotto il cavalcavia. Sono in difficoltà. Magari, sentire il giudizio di qualcun altro, potrebbe aiutarmi...
(depa)

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