TSI-NAN-FU che è MELIOR

Ieri pomeriggio, la sala Uander ancora dietro alle orme del criminale più terrificante e pericoloso, in quanto capace di manipolare la mente delle sue vittime e condurle a proprio piacimento, sinanche al suicidio: "Dottor Mabuse - Il giocatore", sempre Fritz Lang, sempre 1922. La seconda parte di quest'inseguimento ha per titolo "Inferno - Uomini della nostra epoca"...
Provate. Guardate questo film d'azione e cercate una differenza rispetto alle pellicole hollywoodiane più moderne, quelle dalla trama interessantissima e dagli effetti incredibili. Manca solo il sonoro a questo celebre film in cui, per di più, dietro ai crimini del protagonista è possibile ravvisare il repentino declino che travolgerà l'Europa, analisi lucida e raggelante della tragica deriva. Anzi, forse sono i nuovi lavori ad avere il sonoro di troppo...
Non solo c'è tecnica padroneggiata e ricerca insistita (flashback del baro alla partita a carte), ma anche riflessioni su quest'epoca marcia. Su tempi in cui una moglie avrebbe lasciato il proprio marito se si fosse rivelato un semplice baro, stava per scendere la nebbia del profitto facile veloce, del potere ad ogni costo.
Intreccio articolato, con più punti nodali, dislocati in più luoghi (certo, Griffith aveva già dato, "Nascita di una nazione") e colpi di scena ben allestiti, mai banali.
Angosciante ed intrigante, mantiene l'elevato ritmo mostrato nella prima parte (si tratta di un unico film), acuendo ulteriormente l'effetto diabolico dello sguardo di Mabuse. Per esempio, tutta la drammaticità dei suoi poteri esplode nell'episodio dell'isolamento forzato del conte Told (che si conlcuderà orribilmente); non solo facili vincite a carte, quindi.
Altro che lungo, si vorrebbe non finisse mai, tanta è l'emozione nel seguire la partita a scacchi (terminata coi mortai, però) tra il procuratore Wenk e il perfido Dottore. Crescendo di tensione perché si ha ben chiaro in testa quanto sia difficile incastrare il folle scienziato. E alla fine, infatti, Mabuse può cedere solo di fronte alle proprie spaventose, demoniache allucinazioni. Grande.
(depa)

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