Non "disoccupate le strade dai sogni"!

Due giorni fa, ancora euforico per la visione di un Hitch d'annata, mi sono precipitato in sala Uander perché ne volevo ancora. Di cinema, intendo. E, vista le mie recenti dure parole per l'ultimo film di Mario Camerini proiettato al Cinerofum, ho deciso di incontrarlo un'altra volta, per spiegarmi con lui. Nel 1948, il regista romano diresse un film dal sapor agrodolce che mostra, oltre ad un'Anna Magnani in gran spolvero, un quadro affettuoso dell'Italia del dopo guerra: "Molti sogni per le strade".
Neorealismo frammisto a commedia italiana leggera. E' questa la scommessa giocata dagli autori, con esito vincente. Ancora una volta gli occhi di un bambino a fare da caso comunicante tra due disperazioni, quelle dei due genitori, uno ramengo in cerca di un lavoro, l'altro spettatrice appassionata dello sfacelo familiare. I volti dei protagonisti (il padrone di casa è un malinconico quanto efficace Girotti) a raccontare i loro sogni e le loro disillusioni. Sullo sfondo i tempi in cui, forse, "si stava meglio in Africa" (sul fronte), poiché "alla fame non ci si abitua mai".
Come scritto, Camerini ha messo in scena un connubio azzeccato tra ironia e drammaticità (sintetizzato nella scena del "miracolo del pianto"), incarnato alla perfezione dalla figura e dall'interpretazione della Magnani, romana vera. Ottima sceneggiatura che permette al regista esprimersi al meglio nella ricostruzione dell'atmosfera e del ritmo necessario (incalzante, anzi, in fuga, come la sequenza dell'inseguimento dei poliziotti in motocicletta, che rivela la passione dell'autore per una metrica di stampo futurista).
Destino beffardo che gioca coi disperati, splendida storia di speranze dure a realizzarsi, impreziosita da sequenze in cui la Magnani sprigiona tutta la sua potenza: gelosia e determinazione, amarezza, rabbia e tenerezza; la grande attrice può alzare qualsiasi scena di qualche cielo più in sù. Il regista dirige bene il tutto, donando alla pellicola una melodia incantevole (musiche di Nino Rota).
Vedi Mario? Nulla di personale, anzi.
(depa)

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