Calma apparente, pugno forte, vomito schifo

L'ultimo film visto nella quarta giornata della rassegna "veneziana 2013", insignito del Leone d'Argento e Coppa Volpi al protagonista, è stata una tempesta latente, molto latente, per quasi un'ora e un quarto. Per poi assestare una sberla clamorosa a tutta la sala 1 del cinema Arcobaleno. "Miss violence", del regista greco Alexandros Avranas è così pulito e rigoroso, stilisticamente, così ovattato e pacifico, narrativamente, da giungere perfino ad annoiare, sino al finale che mette a dura prova la sensibilità dello spettatore, costretto a bloccare battito e conato.
Confesso che, dopo aver constatato la geometria della fotografia, ricca di dettagli che si stagliano in maniera decisa, e la ruvida eleganza dei movimenti macchina, inquadrature fisse, sì, ma anche primi piani incalzanti che tolgono l'ossigeno, ho iniziato a fare i conti colla noia. Il difetto di questo film è il baricentro narrativo. Per tre quarti di pellicola, si percepisce che qualcosa di orribile bolla in pentola. Ma l'orco rimescola lento lento. Troppo. Poi la pietanza, risveglio di quelli che fan tossire e tolgono il respiro, viene gettata in faccia agli astanti. E scotta, cazzo se scotta. Ok, questa pellicola greca causa forte shock (ultimi 10 minuti di silenzio glaciale in sala, "ohhhh" liberatorio sulla sequenza finale), quindi colpisce, nel bene e nel male. Ocio però. C'è tutto un filone cinematografico che punta a rimanere nelle retine mirando allo stomaco (horror, splatter, gorn, exploitation...), ciò non è per forza sinonimo di qualità. Grazie al pacco direte voi. Correggo, doverosamente, il tiro: non fraintendetemi, questo è un buon film, di ottima fattura, ma di ritmo scarso e coinvolgimento nullo, che punta molto sull'effetto delle sequenze finali (direi soprattutto UNA, quella), lasciando il fastidioso dubbio che il regista abbia astutamente caricato una molla, preso una lunga rincorsa (ripeto, lentissima, logorante), per poi sferrare il colpo d'ascia. Comunque, divagazioni. Che non faranno altro che portare acqua al mulino gestito, per ora in franchising, dal regista (è un 1977).
I riflessi cerebrali corrono inevitabilmente alla nota crisi che attanaglia la penisola greca. Costrizioni e miseria. Ipocrisia sopra il tappeto, sotto tutto il resto. Uhm. Crisi o non crisi, colgo la palla e dedico questo film ai politici che scherzano con le vite degli altri, senza comprendere il danno del loro non impegno, non lavoro, tempo speso, probably, in BungaBunga e lezioni di chirurgia plastica alla nazione. In nome di una mutandina sfilata anzi tempo. Ha senso, quindi, stupirsi di finali shock?
(depa)

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